Il lavoro, un’attenzione urgente della Chiesa e della società pugliese

di Onofrio Losito

La ricorrenza del primo maggio è sempre un’occasione per fermarsi a riflettere sullo stato di salute del lavoro nel nostro paese. In particolare quest’anno la riflessione è stata accompagnata anche dall’intenso dibattito vissuto all’interno del terzo convegno ecclesiale pugliese svoltosi a S. Giovanni Rotondo lo scorso 27 – 30 aprile sul tema “I laici nella Chiesa e nella società pugliese oggi”. Si è soliti in questa ricorrenza rivendicare al lavoro condizioni migliori, assicurando ad esso una sua giustizia, che ridia al lavoro un volto veramente umano, forte, libero, lieto, irradiato dalla conquista dei beni non solo economici, sufficienti ad una vita degna e sana, ma altresì dei beni superiori della cultura, del ristoro, della legittima gioia di vivere e della speranza cristiana.

Non a caso con grande sapienza i nostri padri costituenti nel primo articolo della nostra Costituzione, hanno sottolineato come la nostra Repubblica sia fondata sul lavoro, priorità e fondamento del vivere civile e democratico della nostra società. Purtroppo però già da tempo celebriamo un lavoro sempre più ridotto, spesso eseguito fuori dai canoni della sicurezza, ridotto ad un eterno precariato che deprime e consuma la resistenza di quanti continuano ad aspettare che la situazione cambi. L’ultimo rilevamento Istat (aprile 2011) ufficializza il tasso di disoccupazione nazionale all’8,4 % che sale al 28,1% fra i giovani. Eppure nonostante la gravità di queste cifre il tema non è fra le priorità del Parlamento che su questo aspetto discute poco e decide ancora meno, complice anche una maggioranza di governo assolutamente disinteressata al problema.

In questo disinteresse contribuisce non poco l’informazione dei mass-media occupati a dare risalto a scandali, conflitti di potere, questioni personali e vicende giudiziarie che di fatto distraggono l’attenzione della gente dai problemi reali del paese. In questa abile “distrazione” che è ormai degenerata annullando ogni senso di pudore, indignazione ed etica, vi è anche una deformazione o un isolamento della voce non urlante della Chiesa in difesa della dignità e della totalità della persona umana. Eppure sappiamo quanto attraverso il lavoro l’uomo realizzi se stesso, poiché il lavoro, per essere pienamente vero, ci deve parlare oltre che dell’uomo e della sua dignità, anche di Dio. Di Dio che lavora sei giorni e il settimo si riposa fa festa e gioisce, trovando bella l’opera delle sue mani (Gen 2,2), di Dio che si è identificato per quasi trent’anni della sua vita terrena nel lavoro del carpentiere di Nazareth (Mc 6,3), di Dio che ha redento il lavoro e ha chiamato i suoi discepoli a seguirlo mentre erano al lavoro, invitandoli a diventare pescatori di uomini (Lc 5,10), di Dio che ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uomo, ha agito con volontà d’uomo, ha amato con cuore d’uomo. Non possiamo certamente ignorare però oggi che la “questione lavoro” è divenuta alquanto complessa e non esistono formule magiche per risolverla e creare lavoro. Occorre pertanto investire nell’intelligenza e nel cuore delle persone. Ma la scarsa percezione dell’importanza dell’investire fondi in ricerca, innovazione e formazione qualificata, arma mostratasi vincente in altri stati per superare le attuali difficoltà economiche, determina in Italia un segno di preoccupazione aggiuntiva per il fatto che oltre all’assenza di tali investimenti, interrogativi sul futuro economico prossimo non vengono neppure posti. Eppure deve essere ben chiaro che la nuova occupazione dovrà essere preparata da nuove politiche, sia nell’industria che in tutti gli altri settori. Altrimenti in Italia sarà sempre lenta sia la ripresa che l’occupazione.

Sappiamo e crediamo che a Pasqua risuona potente l’annuncio della fede su cui si fonda la speranza di ogni uomo, la vittoria sulla morte. Cristo l’ha vinta non solo per se stesso, ma per tutti, ed allora come non credere alle parole evangeliche di Matteo: “Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete, la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo’ Guardate come crescono i gigli del campo’” (Mt 6, 25-26.28). Eppure ciò non deve metterci al riparo dal nostro dovere di cristiani di non allinearci al silenzio assordante che sta caratterizzando la dimensione del lavoro impegnandoci in un monitoraggio e in un’azione che possa farci sentire partecipi dell’urgenza di tale momento storico richiamando alla responsabilità civile i nostri amministratori e ogni uomo di buona volontà nelle forme e nei modi che a ciascuno o in gruppo lo Spirito Santo suggerirà.