Luce e Vita - Liturgia

La nostra fede/3: la modifica del Padre nostro

di Giuseppe Gragnaniello

Messale romano 1975

É una di quelle domande che viene spontanea: proprio necessaria la modifica, seppur piccola ma significativa, del “Padre Nostro”?

Dio non può indurre in tentazione. Certo. Ma può mettere alla prova, noi e la nostra fede, come ci ricorda la Bibbia con Abramo ed Isacco. Qual umile credente non mi arrogo una competenza teologica, ma ad ogni Messa ci viene ricordato: “Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento…”. Quindi, messaggio frainteso finora?

Sul pratico, questi cambiamenti vengono a cozzare con la consuetudine della ripetitività. Che ha radici antiche: il tramandato orale dai genitori ai figli, poi rafforzato dalla sistematicità del catechismo, che conduce alla Prima Comunione. Ripetitività che, in quanto tale, ci è compagna sino alla fine degli anni, quando la nostra mente purtroppo comincia a perder colpi.

Lo dice uno che da bambino aveva difficoltà a mandare a memoria le preghiere, specie quelle più lunghe e complesse, tanto da finire invariabilmente in castigo, e che così si è ritrovato a ricordare solo pater, ave e gloria, secondo illustri citazioni letterarie. Con grande afflizione, lo confesso. E che aumenterà con le difficoltà di nuove memorizzazioni.

Modifiche che, pur se di sostanza, non trovano facile seguito. Come già avvenuto con la nuova formula del “Credo”, quasi dappertutto ignorata, salvo qualche timido tentativo iniziale. Invece, dopo cinquant’anni di messa in italiano, capita ancora di ascoltare storpiature di un latino ormai dimenticato, vedi “requiem aeternam” che diventa “requie materna”, certo prive di senso, ma di tal vigore, da esser segno forte di grande fede.

 

In riferimento alla riflessione del nostro Caro Lettore Giuseppe, riportiamo una nota a riguardo, del maggio scorso:

«La nuova traduzione italiana del Messale è pronta ad arrivare nelle parrocchie della Penisola. Ancora non c’è una data certa ma Papa Francesco ha autorizzato la promulgazione della terza edizione in italiano del Messale Romano di Paolo VI. Il testo italiano è passato al vaglio della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei Sacramenti per la necessaria confirmatio. Probabilmente saranno necessari alcuni mesi prima che il “rinnovato” libro liturgico entri in vigore.

La nuova traduzione era stata approvata lo scorso novembre dall’Assemblea generale della Cei. Fra le novità introdotte quelle sul Padre Nostro: non diremo più «e non ci indurre in tentazione», ma «non abbandonarci alla tentazione». Inoltre, sempre nella stessa preghiera, è previsto l’inserimento di un «anche» («come anche noi li rimettiamo »). Altra modifica riguarda il Gloria dove il classico «pace in terra agli uomini di buona volontà» è sostituito con il nuovo «pace in terra agli uomini, amati dal Signore».

Le variazioni giungono al termine di un percorso durato oltre 16 anni. Nelle intenzioni, infatti, la pubblicazione della nuova edizione non è solo un fatto “editoriale”, ma «costituisce l’occasione per contribuire al rinnovamento della comunità ecclesiale nel solco della riforma liturgica». L’utilizzo del nuovo Messale verrà accompagnato da una sorta di «riconsegna al popolo di Dio», tramite un sussidio che rilanci l’impegno della pastorale liturgica.

(Da Avvenire)