Lasciarsi plasmare da Cristo

di padre Felice Volpicella, missionario PIME

Mentre la presente edizione di ‘Luce e Vita’ va in stampa, io ritorno in Brasile per vivere un altro tratto del mio ministero sacerdotale.

Dopo essere stato in Amazzonia, nella periferia di Manaus, in un area missionaria (non ancora parrocchia) di circa 50000 abitanti, organizzati in 9 comunità, mi aspetta questa volta il Mato Grosso, una regione da me del tutto sconosciuta.
Dopo poco più di 8 anni dalla mia ordinazione sacerdotale, sono convinto sempre più che la missione non è solo questione geografica. Certo, sto molto bene a Ruvo perché è qui che ho gli affetti più belli e più veri e staccarmi da questi non è del tutto indolore. Tuttavia la chiamata vocazionale è sul piano della fede e non degli affetti umani.
L’anno della fede, tanto voluto da papa Benedetto, è un tempo in cui non solo la Chiesa, non solo ogni comunità particolare, ma ogni battezzato è chiamato a vitalizzare la propria relazione con Cristo, il Salvatore del mondo. Ed io, come prete, sono chiamato a fare memoria della mia relazione affettiva e credente con il Signore, che costituisce l’origine della mia vocazione.
Perciò non è possibile dividere ciò che sono (che coincide con quello in cui credo) da ciò che faccio, ovunque mi trovi. Ciò che mi lascia inquieto è che per me prete il problema non è il peccato. Così come il problema della e nella Chiesa non è il peccato. L’aspetto che rende arida la mia vocazione è la possibile mancanza di fede. In questa mancanza vedo la radice di tutti i problemi pastorali.
L’anno della fede, allora, è un’occasione per ricentrare la mia fede. Così ritorno in Brasile innanzitutto cercando di mantenere e riscaldare la mia relazione consacrata a Cristo, obbediente, casto e povero. Il successo della mia attività pastorale dipende da quanto io mi lasci plasmare giorno dopo giorno, dalla grazia di Cristo. Cercherò di difendere a denti stretti i tempi dedicati alla vita interiore, magari mettendo da parte qualche attività.
Ritorno in Brasile con la consapevolezza e la convinzione che l’eucaristia è l’inizio e il momento culminante della missione: non sono disponibile a fare l’animatore sociale o l’organizzatore di eventi. La mia preoccupazione è la salvezza delle anime: privilegerò i momenti che veramente aiutano la fede della gente a crescere e a rafforzarsi. 
Ritorno in Brasile conscio che il prete sia un personaggio pubblico ed agisca in nome della Chiesa di cui non è padrone. La porzione di popolo a cui sono inviato sarà anche osservatore di quello che farò, di cosa dirò. Conosco tante persone che si sono avvicinate a Cristo e alla sua Chiesa grazie ad un prete. Ne conosco altrettante che si sono allontanate dalla Chiesa e da Cristo per la contro testimonianza di qualche pastore.
Che il Signore mi faccia sempre essere lucido della responsabilità che mi attende. Per questo chiedo una preghiera. Agli ammalati che mi stanno leggendo, poi, chiedo di offrire le proprie sofferenze per la mia conversione e santificazione.
 
(La mail per comunicare con padre Felice, è: felice.volpicella@poste.it).