Le Comunicazioni Sociali nella Diocesi di Molfetta – [Ruvo] – Giovinazzo – Terlizzi nel postConcilio Vaticano II. Linee di un particolare percorso pastorale

luce e vita

Luce e Vita è al centro della ricerca di Emanuela Maldarella su Le Comunicazioni Sociali nella Diocesi di Molfetta – [Ruvo] – Giovinazzo – Terlizzi nel postConcilio Vaticano II. Linee di un particolare percorso pastorale.

Il filone di indagine è quello della recezione del Vaticano II attraverso le esclusive fonti istituzionali e ufficiali edite dalle Diocesi della Provincia ecclesiastica di Bari. Il riferimento è al processo di recezione ufficiale o kerygmatica che i teologi Theobald e Routhier definiscono “l’insieme degli sforzi messi in atto dai pastori per far conoscere le decisioni di un concilio e per promuoverle efficacemente”.

Con l’avvento del Vaticano II, le Diocesi di Molfetta Giovinazzo e Terlizzi, a differenza delle altre, possono vantare la consolidata presenza, fin dal 1924, del settimanale Luce e Vita che, oltre a essere voce cattolica e diocesana, documenta pubblicamente anche gli atti ufficiali delle diocesi al pari di un Bollettino Diocesano. Il Bollettino, infatti, con la pubblicazione, storicizza la vita di una diocesi. In questa particolare situazione si inserisce il focus della ricerca della Maldarella.

A Molfetta è possibile seguire due linee di comunicazione religiosa: la prima è quella della stampa cattolica che
ha origine nell’Ottocento anche per l’impulso della Rerum Novarum. I giornali cattolici sono visti come Buona Stampa. I Vescovi pugliesi, nel 1920, vi dedicano una pastorale collettiva. La seconda linea ha origine dal decreto conciliare Inter Mirifica (1963) e dall’istruzione pastorale Communio et progressio (1971). Cominciano a nascere gli Uffici Diocesani di Comunicazione Sociale. In loco un tale Ufficio è svolto di fatto dal settimanale

Maldarella entra nelle problematiche comunicative esposte nel 1969 dallo storico direttore Minervini, confortate dalla sua partecipazione al Convegno di Brescia della Federazione dei Settimanali Cattolici (1968) dove il teologo Germano Pattaro aveva posto il tema del “giornale della Chiesa locale” unendo il dato biblico alla riflessione conciliare sulla Chiesa. La svolta pastorale (così definita nel lavoro) – che coinvolge il settimanale e conferma
le idee di Minervini – avviene con mons. Settimio Todisco, amministratore apostolico sede plena, continua con l’episcopato di mons. Antonio Bello – sempre presente sul giornale ma che indica la nuova strada di un Ufficio – e trova l’epilogo nella doppia nomina di Direttore del Settimanale e Direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali (“simbolo” della linea pastorale che proviene dall’Inter Mirifica) che mons. Negro dà a mons. Domenico Amato al quale Emanuela ha voluto dedicare il lavoro di tesi per la Laurea Magistrale in Scienze Religiose.

Ritengo che sia un bel tributo a lui che seppe unire la profondità teologica alla semplicità dei modi di comunicare, aspetto caratteristico del suo essere pastore.

La novità dell’approccio di Emanuela Maldarella è di tipo semiologico; guarda al giornale come Segno espresso dal Comunicante (direttore, redazione, collaboratori) e applica alcuni principali criteri della Metodologia Taddei della lettura strutturale. Nella “lettura”, pur attenta al dato storico, Emanuela prende in particolare considerazione le scelte redazionali e quelle entipologiche (i modi in cui il giornale si presenta) enucleando dagli originali tali particolari espressivi. Lo studio dei modi semiologici offre un valore aggiunto al tradizionale utilizzo della fonte storica a stampa. In tal senso va segnalata la corposa Scheda emerografica, “carta di identità” del settimanale nel suo evolversi nel post-Vaticano II.

È doveroso evidenziare che il lavoro ha richiesto un notevole impegno anche nel superare difficoltà e ostacoli. Il minuzioso e paziente momento di ricerca e schedatura è premessa del ricco apparato di note (173) che documenta ogni affermazione come richiesto ad un documento tecnico scientifico. Una ricerca del genere non si
può improvvisare. Non è facile, nella evoluzione di alcuni decenni e negli aspetti comunicativi che variano, saper distinguere gli elementi di dettaglio da quelli strutturali. Il lavoro si chiude sulla figura di don Mimmo.

In Appendice, gli sviluppi successivi al 2000. La ricerca fa meglio comprendere la linea evolutiva odierna del settimanale in un quadro più ampio di una pastorale “che consideri le comunicazioni sociali non come un suo settore, ma come una sua dimensione essenziale”. (Direttorio Cei Comunicazione e Missione, Presentazione).

Antonio Ciaula, docente di Comunicazioni sociali ISSR Odegritria – Bari

Consulta la tesi Maldarella 2016