L’imperativo della verità

di Mons. Luigi Martella

Sono trascorsi ormai tanti anni dal tragico evento del peschereccio molfettese Francesco Padre. Era il 4 novembre 1994, quando un’esplosione misteriosa fece colare a picco la sfortunata imbarcazione, portando via con sé nelle profondità degli abissi i 5 marinai molfettesi che lavoravano a bordo: Giovanni, Luigi, Saverio, Francesco, Mario.

Al dolore per la scomparsa di questi nostri concittadini, allo strazio delle rispettive famiglie, al lutto nel quale sprofondò la città di Molfetta, seguì la ricerca delle cause di tale drammatico episodio.
Tra le varie ipotesi accampate inizialmente si faceva strada quella di trasporto di materiale esplosivo, collegando la tragedia ad un’attività quantomeno sospetta di traffico illegale. Giustamente i familiari dell’armatore non si rassegnavano a simile scempio interpretativo, attivandosi per allontanare ogni ombra di dubbio in questo senso. Ma neppure il percorso giudiziario che seguì portò luce sull’accaduto, sicché tutto venne archiviato. Sembrava che il caso avesse avuto la sua spiegazione plausibile e fosse destinato a chiudersi nell’oblio con il passar del tempo. Ma il bisogno di verità e giustizia restava insopprimibile e la necessità di scrollarsi di dosso il marchio della vergogna non lasciava tranquilli parenti e tante altre persone sensibili.
È avvenuto infatti che a distanza di 14 anni dall’accaduto, un libro a firma di Gianni Lannes, edito da la meridiana, abbia prospettato un’ipotesi nuova, ricostruendo in maniera diversa tutta la vicenda.
Un’ipotesi, si dirà, da confrontare magari con altre possibili, ma dai risultati di una perizia balistica di un reperto appartenente all’imbarcazione in questione ne confermava l’attendibilità e la sostenibilità. Lo scenario che si delineava, quindi, era effettivamente un altro rispetto a quello immaginato in prima battuta. Il Francesco Padre è stato ‘colpito e affondato’, così come evoca il titolo del libro.
Ora tutto è in mano alla Procura di Trani che peraltro ha fatto la sua parte con scrupolo e obiettività. Mancano le informazioni richieste nelle rogatorie internazionali, avanzate dalla stessa Procura, ma esse tardano a venire, sicché realmente si presenta il rischio di un’ ulteriore archiviazione. Cosa che, lo diciamo, con franchezza, ci dispiacerebbe. Per tanti motivi.
Primo perché si offenderebbe la memoria di questi onesti lavoratori; secondo perché la famiglia proprietaria dell’imbarcazione subirebbe l’onta di un diritto negato, quello di sapere il vero motivo della disgrazia; terzo perché la città di Molfetta, che già ha pagato un tributo notevole di vittime del mare, non merita l’offesa di una ferita così profonda nella sua rinomata tradizione e cultura marinara.
In questa terribile quanto amara vicenda, l’unica cosa che potrebbe dare un po’ di pace sarebbe la conoscenza della verità dei fatti, e inoltre, la restituzione alle famiglie colpite dei corpi dei propri cari, perché sulla tomba di essi possano versare una lacrima, deporre un fiore e recitare una preghiera.
Pertanto, la comunità cristiana locale, si pone a fianco di coloro che vogliono tener desta l’attenzione rispetto a questo luttuoso evento; partecipa con vivo senso di solidarietà al bisogno di chiarezza invocata dai parenti delle vittime e non solo; auspica che tutti possano avvertire l’imperativo morale della verità dei fatti.