Luce e Vita, I care!

di Nicolò Tempesta

Quando Abramo si trovò al cospetto di Dio, che gli comandava il sacrificio del figlio Isacco, era da solo. E quando lasciò i servi ai piedi della montagna, non fece parola con nessuno di quel che Dio gli aveva comandato. E questo perché, secondo il filosofo Jacques Derrida, Dio era stato chiaro nel comandargli il silenzio: ‘Soprattutto senza giornalisti!’, gli avrebbe detto, senza troppi giri di parole.

Si tratta naturalmente di un paradosso, divertente e insieme acuto: un pretesto per attirare l’analisi sull’uso della stampa nel campo aperto della riflessione religiosa e direi pastorale, in un tempo pieno di parole, di immagini, di informazione.

Non è questa un’indicazione che vale per il nostro settimanale diocesano Luce e Vita che continua ‘ come il libro degli Atti degli Apostoli ‘ a raccontarci di una Chiesa consapevole della sua povertà perché continua a credere all’unica sua ricchezza: il Signore crocifisso e risorto. Il nostro settimanale s’impegna a parlarci di una Chiesa coraggiosa che intravede nella logica evangelica del seme la fatica e l’impegno, la bellezza e il fascino che rende la nostra diocesi la sposa di Cristo.

Non vi nascondo che, soprattutto in quest’ultimo mese di agosto, ho ripensato a quanto Luce e Vita mi ha accompagnato nel mio cammino di cristiano e di prete in questi anni.

Come non ripensare al sabato quando da adolescente ritornavo in parrocchia dal seminario e con altri amici ci preoccupavamo di distribuire il settimanale nei gruppi e la domenica nelle case di alcuni ammalati?

È vero, anche se mi rendo conto che può sembrare l’eco di un’epoca passata e forse più riflessiva, Luce e Vita ancora oggi può aiutarci a collegare le parole ai fatti, a non peccare di verbalismo e ad essere fedeli alla Parola che è Cristo: quel Verbo che gli studiosi potranno sviscerare, ma mai manomettere. Una Parola che fa da tramite tra la realtà visibile e sperimentabile dell’esperienza umana e il mondo della fede, quale fiducia nelle realtà invisibili.

Che cosa è Luce e Vita se non l’indicatore stradale dei nostri percorsi parrocchiali che ci ricorda, puntuale ogni settimana, che se non siamo capaci di ripartire dalla scuola del Vangelo, non saremo mai così coraggiosi di osare di più, prima e innanzitutto con noi stessi? Non è forse questo il senso del nostro progetto pastorale ‘Alla scuola del vangelo: educarsi per educare’?

In questo decennio il nostro settimanale diocesano continuerà ad accompagnare la nostra Chiesa, a condividere i percorsi feriali delle nostre comunità: ‘La conduzione presuppone la consapevolezza di un punto di partenza ‘ dice il nostro progetto pastorale a pagina 15 ‘ che è dato sempre dall’altro e dal suo stato, e di un punto di arrivo, che per noi cristiani non può che essere la misura alta della santità. In mezzo c’è un percorso preciso e non improvvisato, che ci viene consegnato dalla Parola del Vangelo e dall’esperienza della Chiesa’.

Luce e Vita vuole stare in mezzo, lì dove il percorso è preciso perché fatto di volti e storie concrete, e accompagnare i credenti di Molfetta, Ruvo, Giovinazzo e Terlizzi all’ansia di ciò che si intravede e non è ancora compiuto, così come è accaduto al popolo nel deserto: ‘Ascolta, Israele, le leggi e le norme che io vi insegno, perché le mettiate in pratica, perché viviate ed entriate in possesso del paese che il Signore, Dio dei vostri padri, sta per darvi’ (Dt 4,9).

Stare in mezzo, per il giornale, vuol dire quasi educare la nostra anima a procurarci, con la cronaca dei fatti e con la riflessione obiettiva e limpida sugli avvenimenti, quella sensazione di trasparenza spronandoci ancora a predisporre anche la mente a farsi ponte tra la Luce di Dio e la Vita di ogni uomo.

Inoltre il nostro giornale, che puntuale arriva nelle nostre comunità (e non solo), con davanti a noi il cammino entusiasmante e impervio dell’educazione, ci sprona a uno scambio che è reso possibile solo a partire da una partecipazione fraterna e solidale. Dovremmo ringraziare sin d’ora Luce e Vita perché sa creare quello spazio comune che tutti siamo chiamati a condividere allo stesso titolo e ci ricorda che la comunicazione, prima di tutto, non è uno strumento, ma una qualità fondamentale della relazione tra le persone. Per Luce e Vita il verbo comunicare fa rima con il verbo partecipare, di scuola milaniana: I care, mi sta a cuore!

Per questo dovremmo amare di più Luce e Vita e le sue parole, dovremmo amare ricevere e regalare le sue righe e se conducono alla realtà, a qualcosa saranno servite, altrimenti si spegneranno rapidamente come tutte le parole vane.