Luce e Vita - Attualità

Qualche riflessione circa la festa patronale di Giovinazzo rivoluzionata dalla pandemia

di Giuseppe Maldarella

In adesione a quanto stabilito dalla Conferenza Episcopale Pugliese a contrasto dell’infezione da Coronavirus, anche a Giovinazzo, sono stati inibiti dal Vescovo i cortei religiosi in pubblico, cui si è soliti assistere nei mesi estivi. Il divieto, naturalmente, ha riguardato anche quelli previsti per i festeggiamenti riservati alla nostra patrona, la Beata Vergine dal titolo di “Corsignano”. E’ la festività religiosa per eccellenza che, da sempre, culmina nella terza domenica del mese di agosto e che, ormai, nell’attualità, è parte di un convenzionale repertorio di appuntamenti di varia natura, quali spettacoli sportivi, culturali, espositivi e, perfino, canori che fanno della ricorrenza mariana agostana una sorta di attrattiva turistica, oltre che commerciale.

Una carta pergamenacea a firma del notaio Giovanni di Giovanni Giannate, redatta nella terza domenica di agosto del 1388, infatti, oltre a dichiarare la Madonna di Corsignano, protettrice della città, ne fissava anche la celebrazione solenne, mediante una processione di popolo, da tenersi “nella domenica infra l’ottava dell’Assunzione di Maria”. Di fatto, le note restrizioni sanitarie hanno messo in crisi il corrente modello organizzativo dei festeggiamenti, per cui è stata annullata non solo la processione dell’Edicola che racchiude l’antica Icona della Vergine, ma tutti gli altri cortei, sagre, concerti e ogni altra iniziativa che contemplasse raduni di persone e assembramenti di ogni tipo. Ecco allora che la festa grande, quest’anno, sembrerebbe essere ritornata alla sua genesi; tutta orientata a onorare la Vergine di Corsignano nel giorno che ne segna la memoria liturgica, calendarizzata al 19 di agosto. Il pontificale del Vescovo, ai vespri di mercoledì 19 agosto, e la consueta pratica della novena, intercalata da numerose messe quotidiane, presso la Chiesa Madre, hanno animato l’appuntamento festivo del 2020. Per dare, poi, diffusione alle celebrazioni, specie quella presieduta dal Vescovo, il giorno della festività, si è fatto ricorso alla diretta streaming su social network. Una tendenza che sembra trovare larghi riscontri, specie da parte di chi è lontano dal paese e ha potuto assistere al cerimoniale in modo virtuale. Gran vanto, per questo, degli organizzatori, convinti che le dirette televisive potranno in futuro dare slancio ed estensione partecipativa alle nostre tradizioni locali.

Non sono, tuttavia, mancati, nella circostanza, lo sparo pirotecnico, la musica delle bande cittadine e, neppure, un abbondante addobbo di luminarie, limitatamente nel centro storico. Già, perché è convincimento diffuso che non è festa se non si appalesi con questi segni esteriori che ne fanno da vetrina e, al tempo stesso, da riflesso del sentimento popolare per la pia ricorrenza.

Ma a parte queste esteriorizzazioni, che si ritiene diano tonalità e richiamo al culto della patrona, la modalità celebrativa di quest’anno, ha messo in luce un dato di estrema rilevanza. E’ apparso evidente che una cosa è il rito commemorativo della Madre di Dio, invocata a protezione della città, altro sono le piccole e/o grandi manifestazioni al contorno che, nel tempo, si sono aggiunte all’azione di culto e, poi, diventate tradizioni, usanze locali e, soprattutto, esibizioni per lo svago sociale. Tant’è che, nella contemporaneità, sembra quanto mai difficile considerare tutte queste iniziative estranee all’evento religioso. E’ da augurarsi, invece, che la particolare situazione emergenziale, possa aver indotto i promotori dei festeggiamenti a riconoscere che l’esperienza di fede si alimenta con le pratiche di edificazione dello spirito per cui anche la solennità della protettrice, come del resto di qualsiasi altro Santo Patrono, non può che essere ricondotta a una dimensione di raccoglimento e di relazione intima con la Madonna di Corsignano, a mezzo delle varie pratiche liturgiche e devozionali indicate dalla Chiesa. In questo, all’origine, consisteva, appunto, l’essenza della popolare festa cristiana: vivere momenti comunitari nei quali si condivide la propria esperienza spirituale ed esistenziale con gli altri, ispirati dal proposito di dare testimonianza della personale adesione al messaggio evangelico.

Potendo focalizzare l’esperienza di questa ultima edizione, appena giunta al termine, a me pare, sia mancata l’intuizione a considerare al meglio che la festività della protettrice debba poter coinvolgere la maggior parte dei credenti con soluzioni cui devono essere parti attive tutte le componenti ecclesiali cittadine. I tempi sono cambiati e la configurazione odierna dell’autorità della Chiesa locale è ben diversa da quella di fine Ottocento, quando la stessa s’incentrava nel Capitolo della Cattedrale e il centro abitato era circoscritto a un territorio poco più esteso del borgo antico.  Al Capitolo Cattedrale, infatti, con atto pubblico del notaio Nicola Ragno, in data 18 agosto 1897, fu consegnata dalle autorità civili e, nello specifico, dal Comitato cittadino per i festeggiamenti di quell’anno, la nuova Edicola in argento, contenente il sacro dipinto della Vergine e corredata dalla base portatile, per essere allocata sull’altare maggiore dell’allora Chiesa Cattedrale e tenuta custodita dallo stesso collegio clericale. Al tempo stesso i rappresentanti capitolari, con il ricevimento di tali sacri beni assicurarono formalmente di perpetuare il culto della Vergine di Corsignano secondo le antiche consuetudini. Oggi quell’istituzione capitolare, con la soppressione definitiva della Diocesi di Giovinazzo, in realtà non è più in essere, né si può convenire che l’Ente Parrocchia, operante nella chiesa madre, sia subentrata al Capitolo nell’assunzione di tutti quegli obblighi che sono puntualmente descritti nel citato documento notarile del 1897, a meno che non sia intervenuto un provvedimento vescovile in tal senso. In relazione a ciò e, considerato che la festività della patrona ha ad interessare l’intera comunità dei cittadini credenti e che, di fatto, impegna la collegialità del clero locale, prima identificata nell’Ente Capitolo, sarebbe stato opportuno che, a cominciare da quest’anno, del tutto particolare, la tradizionale devozione della novena si fosse svolta progressivamente a tappe nelle diverse chiese parrocchiali. Si sarebbe potuto dare il via a detta azione devozionale iniziando dall’ex Cattedrale e, quindi, toccando le altre quattro comunità parrocchiali, terminare sempre lì con le celebrazioni del 19 agosto, da chiudersi con quella solenne del Vescovo, senza, comunque, dismettere, durante tutto il periodo dei nove giorni, la visita e il pellegrinaggio in forma privata dei fedeli alla Madonna.

All’amico, che si era premunito di fornirmi la locandina con il programma delle manifestazioni liturgiche, cui avevo esternato le considerazioni, appena sopra accennate, avevo anche prospettato che l’idea di esercitare una novena peregrinante presso le realtà territoriali, con stazioni di due giorni presso ogni parrocchia, avrebbe necessitato anche di un’immagine della Madonna da trasferire nelle sedi di sosta per essere oggetto di venerazione da parte dei fedeli dei rispettivi rioni urbani. E, a tal riguardo, avevo fatto cenno che, per l’occorrenza, avrebbe fatto al caso il piccolo dipinto della “Madonna Pellegrina”, custodito presso il gabinetto del Sindaco, perché di proprietà della città e proveniente dalla casa della famiglia dei Daconto. Quel sacro dipinto di autore ignoto, che riproduce il volto della protettrice, anticamente peregrinava per le vie cittadine ed entrava nelle case delle nostre famiglie, almeno fino agli inizi della seconda metà del secolo scorso. Una signora, avanti in età, teneva ancorato al suo braccio la cornice che conteneva il quadro e lo portava al capezzale dei malati e, comunque, a tutti coloro che sentissero il bisogno di esprimere la loro devozione alla Vergine per intercedere le sue grazie e trovare consolazione e sollievo per le proprie angustie e afflizioni quotidiane.

Quale migliore occasione per significare ai contemporanei, credenti, una certa definizione della antica fede del nostro popolo e relativa riconoscente devozione alla Vergine protettrice.

Tuttavia, non va trascurato un altro aspetto che afferisce allo stato di conservazione e di tenuta dell’Edicola che, come richiamato nel documento notarile del 1897, è di proprietà della città per essere stata progettata e realizzata con i contributi dei cittadini e con i valori e i preziosi gioielli offerti alla Vergine come ex voto. Il relativo obbligo della manutenzione di quel bene che, oltre ad essere oggetto di culto, è da ascrivere tra le opere di grande valore artistico e storico, investe l’autorità civile per il tramite del Comitato dei festeggiamenti, rinnovato di anno in anno.

Durante questo periodo di sospensione delle azioni religiose in pubblico, si sarebbe potuto attivare un’accurata indagine circa lo stato di conservazione dell’apparato dell’Edicola che, nel tempo, ha subito presumibilmente danneggiamenti e perdite di qualcuno di quei piccoli preziosi e smalti che l’adornano, incaricando esperti del ramo, consigliati dalla Sovrintendenza. Una perizia, insomma, che, a seguito di specifici esami, potesse individuare eventuali necessità di restauro conservativo del manufatto e, quindi, la relativa spesa al fine di poter raccogliere i fondi necessari per l’esecuzione dell’intervento. Non sarebbe stato fuori luogo, altresì, poter acquisire dagli esperti anche una valutazione riguardo al rischio cui l’Edicola, comunque, è soggetta, quando è manipolata e spostata e, più specificatamente, quando è portata a spalla in processione, per le vie anguste del centro storico, e subisce sobbalzi e movimenti bruschi durante la traslazione o all’atto dell’ingresso e dell’uscita dalla chiesa.

L’Edicola, inclusa la veneranda Icona della Vergine, è un patrimonio artistico che va salvaguardato con ogni sorta di accorgimento e di corrette attenzioni e perciò va sottoposta a sistematici controlli perché possa continuare ad essere immagine sacra e consentire al popolo devoto, contemplandola, di tenere vivo il legame misterico con il Divino.

Piuttosto che la classica processione, divenuta, peraltro, una specie di corteo storico, per come è apparsa negli ultimi decenni, sarebbe di gran lunga più confacente ed appropriata l’esposizione della Edicola nel presbiterio della chiesa, nei giorni della festività. Tanto, infatti, potrebbe favorire l’iconodulia, cioè la diretta e personale venerazione del sacro dipinto del volto della Madonna perché, mediante la contemplazione diretta dell’immagine, il credente possa addivenire a soddisfare il desiderio di entrare in comunione con l’Assoluto.

 

di Giuseppe Maldarella