“Si può pregare nel chiasso e nella confusione?”
Quanto affermato dal parroco della “Stella”, don Nino Pastanella, nell’omelia della domenica successiva la dice lunga su come la Festa Maggiore di Terlizzi (l’autore si riferisce alla festa del 2017, ndr) sia vissuta dallo stesso clero, al di là della scontata ufficialità.
É nelle mie intenzioni fare il processo all’evento più atteso dell’anno? Proprio no! Amo e rispetto le tradizioni e, pur non essendo terlizzese di nascita, a suo tempo ho contribuito, sia pur in maniera minima, ma con convinzione, alla ricostruzione del Carro.
Non sarebbe però il momento di chiederci quanto ci sia rimasto di sacro o piuttosto quanto prevalga ormai il profano in queste che, è bene non dimenticarlo, sono innanzitutto ricorrenze e cerimonie religiose? Sempre don Nino ha aggiunto di non gradire neppure che l’effigie della Madonna arrivi al Carro attraverso l’irriguardevole suk che soffoca la villa per tre giorni. Come dargli torto? Se ci pensiamo un attimo, in tutta la festa l’aspetto esibizionistico è di gran lunga preponderante su quello devozionale.
Ricordo invece che tanti anni fa, quando vidi per la prima volta il Carro, la partenza della domenica, così come lo spostamento del giovedì precedente, avveniva alla luce del giorno e non al buio pesto come ora. Così come fortunatamente mancava l’attuale, insopportabile affollamento della parte centrale della villa. Decisioni discutibili, a mio modesto parere, senza dubbio legate a opportunità di mercato, per valorizzare al meglio, secondo gli organizzatori, il prodotto da offrire per un sicuro successo.
Stesso motivo per cui si continua a sparare fuochi d’artificio. Davvero tanti, sebbene un altro parroco, don Francesco De Lucia, qualche anno fa (da direttore Caritas, ndr) invitò ad una maggiore sobrietà e a dirottare le offerte verso quelli che ne hanno bisogno, perché anch’essi possano gustare il sapore della festa. O si sprecano fior di quattrini per ospiti musicali che nulla hanno a che vedere con la tradizione locale, ma servono soltanto a far litigare i comitati delle due feste più importanti, da sempre in agguerrita competizione.
Che resta allora del Carro, che qualcuno paragona erroneamente ad altri riti celebrativi più o meno simili, ognuno però con una propria storia? Solo una prova di forza e di abilità? Certo nulla a che spartire con il Vangelo, ebbe a dire tempo fa l’allora arciprete don Michele Cipriani. Eppure basterebbe un semplice megafono, per far emergere sulle grida e sugli applausi il valore della preghiera, come avrebbe voluto don Tonino Bello, giusto quanto mi confidò dopo la sua prima, ahimè direi traumatica, esperienza.