«68 ragazzi che dopo un lungo e intensivo corso di catechesi sono giunti al battesimo. Per 6 mesi sono venuti tutti i giorni, alle 17 per la catechesi dopo la scuola. Grazie Signore per tutto».
Il post di don Paolo Malerba sul suo profilo facebook attira subito l’attenzione, anche perché documentato con tantissime fotografie, molto intense, eloquenti. Direi provocanti (guarda la fotogallery) . Egli continua: «I catecumeni si sono preparati a questo momento vivendo un anno intenso di appuntamenti che li ha visti negli ultimi quattro mesi partecipare tutti giorni a catechesi tenute dal parroco dalle ore 17,00 alle ore 18,00». In un contesto che sappiamo di forte presenza islamica, non sembra vero questo fiume di ragazzi che accolgono il battesimo. E già questo mi mette in crisi. Mette in crisi le nostre catechesi che si trascinano talvolta stancamente, quasidoveri da adempiere.
Ho subito condiviso sulla pagina facebook diocesana (e adesso in questo editoriale) perché questa esperienza ci appartiene e deve appartenerci sempre più, dal momento che don Paolo è “Fidei donum“. Forse non sempre ce ne ricordiamo ma così è.
Accanto a lui il diacono don Luigi Lavia, arrivato a Loglogo col pellegrinaggio della sua diocesi di Rossano-Cariati, nei giorni scorsi, guidato dal Vescovo Mons. Giuseppe Satriano che proprio in quel territorio ha vissuto 3 anni il suo ministero pastorale. Don Luigi rimarrà un mese.
Su sollecitazione di don Paolo, al quale avevo chiesto alcune considerazioni, il diacono racconta: «Domenica 15 luglio, abbiamo vissuto a Log logo una festa speciale, 68 ragazzi tra i 15 e i 16 anni, hanno ricevuto il sacramento del battesimo, è stata una grande festa per tutta la comunità, la gioia e l’entusiasmo traspariva negli occhi di tutti e si materializzava nei canti e nel battere le mani a ritmo di musica.»
Altra provocazione: cosa traspare dai nostri occhi durante le celebrazioni? Quali affanni nell’organizzazione ecclesiale e famigliare dei sacramenti? Nonostante gli sforzi enormi che si fanno nel trasmettere il senso dei riti che si vanno compiendo, purtroppo ci sovrasta l’aspetto mondano che mette in secondo piano tutto il resto. Succede talvolta anche quando i protagonisti sono impegnati in parrocchia, ahinoi!
«La celebrazione ha avuto inizio fuori dalla chiesa – prosegue don Luigi – e dopo che il parroco don Paolo Malerba ha chiesto il nome ai catecumeni si è entrati in chiesa con quel passo ritmato che è tipico delle celebrazioni solenni. La Chiesa si è riempita, ma nonostante fosse piena la partecipazione è stata massima».
Anche da noi le chiese si riempiono in occasione della celebrazione dei sacramenti di iniziazione cristiana, ma la partecipazione profonda non è sempre proporzionata.
«Finalmente ciò che i catecumeni hanno desiderato – conclude don Lavia – e ciò per il quale si sono impegnati diventa realtà, è una festa grande sigillata con la consegna dell’attestato battesimale; ma la festa non finisce qui, infatti dopo la messa tutti a festeggiare insieme condividendo due caprette che il parroco aveva conservate per il lieto evento che ci ha visti tutti una grande famiglia».
Don Paolo aveva conservato due caprette per la festa! Mi sembra una modalità dal chiaro sapore biblico, quando si festeggiava condividendo un agnello o altro. Certo anche noi condividiamo la festa nei banchetti (e che banchetti!) ma ciascuno per conto proprio, dopo la corsa alla sala o al ristorante più chic o più abbordabile…
Sembra macabro ammazzare due caprette. Gli animalisti si ribellerebbero. Ma la festa lì è così.
Non voglio indugiare su confronti forse inappropriati (ma non molto); la provocazione più grande è proprio il fatto che il vangelo è giovane! La testimonianza di Gesù, vero Dio e vero Uomo, è viva e feconda. É proprio vero che dall’Africa viene la freschezza del cristianesimo che noi, popolo di antica cristianità, stiamo disperdendo e annacquando con mille surrogati.
Ci serve tornare alle radici. E questa esperienza africana può aiutarci a farlo.