Vescovi, Pastori, Padri. La figura del Vescovo nel recente Magistero di papa Francesco

a cura di Francesco Altomare

«Siate Pastori con l’odore delle pecore, presenti in mezzo al vostro popolo come Gesù Buon Pastore». Con questa immagine emblematica Papa Francesco ha delineato la figura del Vescovo, spiegandone il senso della sua vocazione e missione.
Il Pastore con «l’odore delle pecore» e «il sorriso di padre» è un uomo al servizio dell’unità e della comunione. Essendo una sola cosa con il gregge, si prende cura del Popolo di Dio con tenerezza e misericordia. Esperto in umanità, mostra la sua vicinanza a tutti e accompagna con affetto le persone, specie i più poveri e i più deboli, nelle loro concrete situazioni esistenziali. È perciò chiamato ad essere non un «manager» o un «pilota», bensì un «collaboratore» e un «umile servitore». Il suo atteggiamento più essenziale consiste nel «vegliare sul Popolo di Dio», dal quale è stato scelto e al quale è inviato. Il Vescovo è colui che veglia per il suo popolo «con mansuetudine, pazienza e costanza della carità». Egli cura la coesione del gregge e favorisce i processi attraverso i quali il Signore realizza la salvezza del suo popolo.
Incontrando i nuovi Vescovi nel settembre 2013, il Papa ha indicato tre caratteristiche del verbo «pascere» per spiegare che significa avere «abituale e quotidiana cura del gregge» (LG, 27). Vuol dire «accogliere con magnanimità, camminare con il gregge, rimanere con il gregge».
In primo luogo, accogliere tutti con bontà e disponibilità. In tal modo le persone «sperimenteranno la paternità di Dio e capiranno come la Chiesa sia una buona madre che sempre accoglie e ama».
In secondo luogo, camminare con il gregge, cioè «mettersi in cammino con i propri fedeli e con tutti coloro che si rivolgeranno a voi, condividendone gioie e speranze, difficoltà e sofferenze, come fratelli e amici, ma ancora di più come padri, che sono capaci di ascoltare, comprendere, aiutare, orientare. Il camminare insieme richiede amore, e il nostro è un servizio di amore». Questo implica l’attenzione a tre esperienze in particolare: l’affetto verso i sacerdoti; la presenza nella diocesi, che si realizza quando un Vescovo scende «in mezzo ai fedeli, anche nelle periferie delle diocesi e in tutte quelle “periferie esistenziali” dove c’è sofferenza, solitudine, degrado umano»; lo stile di servizio al gregge, «quello dell’umiltà, dell’austerità e dell’essenzialità». Il Papa ha inoltre esortato a «non cadere nello spirito del carrierismo! Non è solo con la parola, ma anche e soprattutto con la testimonianza concreta di vita che siamo maestri ed educatori del nostro popolo».
Infine, rimanere con il gregge. «Non si può conoscere veramente come pastori il proprio gregge, curarlo con l’insegnamento, l’amministrazione dei Sacramenti e la testimonianza di vita, se non si rimane in diocesi». Il motivo è teologico: «Siete sposi della vostra comunità, legati profondamente ad essa». Perciò ha sollecitato ad essere «accoglienti, in cammino con il vostro popolo, con affetto, con misericordia, con dolcezza del tratto e fermezza paterna, con umiltà e discrezione, capaci di guardare anche ai vostri limiti e di avere una dose di buon umorismo».
Un’altra immagine più volte utilizzata dal Pontefice è quella del Pastore che guida la Chiesa «in uscita». La missionarietà è il paradigma di tutta l’opera della Chiesa, chiamata a compiere un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia. «La Chiesa è il “piccolo gregge” che continuamente esce da se stessa per la missione; e il Vescovo, uomo di Chiesa, esce anche da se stesso per annunciare Gesù Cristo al mondo». Il Pastore è dunque un «viandante» che offre la sua vicinanza a tutti, soprattutto ai più lontani, esclusi e scartati. Non teme di andare controcorrente alla «cultura efficientista» e alla «cultura dello scarto». Francesco raccomanda che nel loro agire i Vescovi siano ossessionati dall’entusiasmo per la «cultura dell’incontro», descritta in termini di prossimità e vicinanza. Le pastorali centrate esclusivamente sulla condotta e sui procedimenti organizzativi sono incapaci di raggiungere l’incontro con Cristo e con i fratelli. Occorre allora tempo, pazienza, dialogo e servizio per realizzare la comunione.
«La vicinanza si prova soltanto scendendo nella realtà, toccando le ferite, lasciandosi coinvolgere dal prossimo». Con il suo esempio e i suoi gesti Papa Francesco indica la via da seguire per testimoniare la gioia del Vangelo.

(Luce e Vita n.8 del 21 febbraio 2016)

La foto, tratta dal sito www.diocesiluceratroia.it, è stata realizzata in occasione della visita ad limina dei Vescovi pugliesi, il 13 maggio 2013. Ci piace vedere insieme al Papa i nostri tre pastori: Mons. Donato Negro (quarto da sinistra), Mons. Luigi Martella (primo da sinistra) e Mons. Domenico Cornacchia (secondo da destra).