Come se vedessero l’invisibile (EG, 150)

Editoriale n. 19 del 12 maggio 2019

“Il coraggio di rischiare per la promessa di Dio”. Questo è il raggio di luce che proviene dal messaggio del Santo Padre Francesco per la 56a Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni. Egli invita a soffermarci sulla promessa di cui la chiamata del Signore ci fa portatori, che richiede autentico coraggio di rischiare con Lui e per Lui.
Vocazione implica, dunque, una chiamata a cui corrisponde un incontro, se veramente il nostro animo è aperto alla vita e alla grazia dello Spirito. Una chiamata e un incontro che restano liberi e che, se vissuti in grande semplicità, gioia ed entusiasmo, portano ogni persona a scoprire quell’essenzialità del progetto di vita nascosto in ciascuno. Come un seme, quel progetto ci interpella per essere coltivato e venire alla luce perché si possa leggere quella Verità di cui siamo alla continua ricerca tra mille sentieri e rotte da esplorare.
Il Santo Padre sottolinea infatti che: “La chiamata del Signore non è un’ingerenza di Dio nella nostra libertà; non è una “gabbia” o un peso che ci viene caricato addosso. Al contrario, è l’iniziativa amorevole con cui Dio ci viene incontro e ci invita ad entrare in un progetto grande, del quale vuole renderci partecipi…”.
Il Signore è colui che instancabilmente ci sprona, come Padre amorevole, a non guardare il tempo e gli eventi che scorrono, ma a cogliere i “nostri segni dei tempi” perché diveniamo parte viva di quel disegno d’amore intessuto fin da sempre e che porta i sigilli della sua Risurrezione.
Tendere a ciò implica dunque il coraggio di fare delle scelte e mettersi in gioco, non assopirsi all’ombra di qualche flebile brezza marina, ma essere audaci naviganti che dalle sicurezze dei propri piccoli e limitati porti, allargano la vista su orizzonti che nascondono l’eco di una chiamata paterna, una chiamata alla vita!
Qualsiasi tipo di chiamata implica quel “sì” libero e liberante che ci permette di divenire costruttori del nostro cammino: un cammino che ridesta innanzitutto il nostro essere innestati in Cristo col Battesimo e che prende le forme più varie e belle, come la scelta di formare una famiglia, di essere promotori di bene nel campo della carità, della politica, nel sociale o di sentire il desiderio di consacrarsi al Signore a servizio del Vangelo e dei fratelli.
É importante, sottolinea anche il Papa nel suo messaggio, il fatto che “c’è bisogno di un rinnovato impegno da parte di tutta la Chiesa, perché si offrano, soprattutto ai giovani, occasioni di ascolto e discernimento”.
Nessuno dunque è esente dall’essere promotore di speranza e di cura; di divenire faro di accoglienza e luce per coloro che sono alla ricerca e che sentono il desiderio, nonostante i dubbi e le perplessità della quotidianità, di rispondere a quell’eco che risuona dai lontani orizzonti della nostra interiorità.
Quale esempio di coraggio, il Papa indica a tutti Maria, nella cui vita la vocazione è stata proprio, allo stesso tempo, un ricamo fatto tra i fili della promessa divina e quelli del rischio di fidarsi di Dio e così accogliere l’inedito.
Che risuoni tale messaggio anche per chi è ancora assopito sulla spiaggia del non senso e della perplessità, perché possa intraprendere il suo viaggio, con coraggio, sospinto dalla forza del vento primaverile dello Spirito, aiutato da una comunità che alla luce del Vangelo si scopra parte integrante del progetto di vita del proprio fratello e non semplicemente contorno insignificante.
Come non pensare e non farsi incoraggiare da quanto il Servo di Dio don Tonino Bello annotava in merito a tal discorso, quando affermava, con la sua mano poetica e veritiera: “Vocazione. É la parola che dovresti amare di più. Perché è il segno di quanto sei importante agli occhi di Dio. (…) Gli stai a cuore non c’è dubbio. In una turba sterminata di gente risuona un nome: il tuo. Stupore generale. A te non aveva pensato nessuno. Lui si!”
Che questo sia un nuovo inizio, dunque, per ripartire e, incoraggiati da Cristo e dai suoi testimoni, per rimettere in moto le barche di chi, stanco o non aiutato o impaurito, ha ormeggiato la sua barca.

a cura dei Seminaristi della Diocesi