Qualche riflessione dopo i referendum

Documento dell'Ufficio socio politico dell'AC diocesana

 All’indomani della consultazione referendaria, come laici cristiani impegnati nella comunità ecclesiale e, in particolare, come aderenti all’Azione Cattolica, sentiamo il dovere di fare il punto su quello che è successo nelle ultime settimane, cercando di trarne qualche utile indicazione per il futuro e di formulare qualche auspicio. Parleremo principalmente dei referendum e, per non alimentare inutili polemiche, teniamo fuori la questione del “legittimo impedimento”.

 

Partecipazione democratica

É stato raggiunto il quorum e questo non può che farci piacere. Non succedeva da 16 anni e questo vuol dire che lo strumento referendario è ancora vivo. Il mancato raggiungimento del quorum non solo avrebbe mantenuto in piedi gli articoli di legge di cui si chiedeva l’abrogazione ma, forse, avrebbe posto un pietra tombale su questo importante strumento di consultazione democratica.

É stato raggiunto il quorum in una stagione controversa della vita politica italiana. Le risposte della politica alla crisi, prima finanziaria e poi economica, non sempre sono sembrate adeguate. Senza entrare nel dettaglio delle questioni, l’esigenza di tenere i conti in ordine costringe il Paese ad alcuni sacrifici. I problemi dell’occupazione o, meglio, della disoccupazione giovanile toccano quasi tutte le famiglie. Invece il dibattito pubblico sembrava spostato su altre vicende. Dunque, quali che siano le opinioni e gli orientamenti politici, sentivamo molto alto il rischio della disaffezione alla politica.

Questi referendum, insieme con le precedenti elezioni amministrative, mostrano che nel tessuto del Paese c’è ancora voglia di partecipare attraverso gli strumenti democratici di cui disponiamo. Non possiamo che rallegrarcene. 

 

La questione del quorum

La percentuale dei SI supera il 90% delle schede votate, dunque si è espressa per il SI la maggioranza assoluta degli aventi diritti al voto. Con la nostra autonomia di giudizio ci permettiamo di pensare che sarebbe stato ancora meglio se questo esito si fosse ottenuto con la stessa partecipazione al voto che osserviamo in occasione delle elezioni politiche e amministrative. Lo sappiamo bene che, nell’attuale quadro normativo, quella dell’astensione è una posizione del tutto legittima. Tuttavia non possiamo non osservare che in tutti i recenti referendum il confronto è stato tra il SI (la quasi totalità dei voti espressi) e l’astensione. In questo modo, in sostanza, il voto non è più segreto. Dunque auspichiamo che il legislatore voglia affrontare questo problema.

 

Il ruolo dei cattolici

Parliamo di ‘cattolici’ ma in realtà dovremmo dare conto di un una pluralità di voci. Fatto sta che, insieme con la nostra Associazione, si sono mobilitate molte altre forze dell’arcipelago cattolico, principalmente di base.

Dobbiamo registrare alcuni fatti che, a nostro giudizi, sono estremamente positivi.

  • L’Azione Cattolica diocesana, come quella Nazionale, si era espressa per il SI nei due referendum sull’acqua e, in qualche modo, appoggiava il SI anche negli altri due referendum. Quindi l’esito dei referendum è quello auspicato. Nel caso dell’acqua dobbiamo ricordare che non si tratta di una presa di posizione dell’ultimo minuto, improvvisata e strumentale. Erano almeno due anni che andavamo proponendo una riflessione sui “beni comuni”.
  • L’acqua e l’ambiente non sono ‘beni cattolici’. La partecipazione alla campagna referendaria è stata fatta in collaborazione con gli altri soggetti interessati, cercando compagni di strada e mezzi adeguati ai messaggi, senza vantare esclusive e primogeniture. Verrebbe da dire ‘in spirito conciliare’.
  • I pastori sono stati presenti in questo momento della vita civile con documenti di orientamento e di riflessione, senza scendere sul piano attivo della campagna, lasciato alle sensibilità dei laici cristiani. Questa opzione tiene opportunamente distinto il livello dei criteri dalla loro traduzione giuridica e amministrativa: si evitano strumentalizzazioni e, soprattutto, i laici cristiani vengono maggiormente responsabilizzati.
  • É fuori luogo sperare che, nel corso di questo impegno, qualche nostro aderente o simpatizzante possa aver scoperto una vocazione specifica all’impegno sociale e politico?

Nel comunicato del 13 giugno scrivevamo: “Questa è la vittoria della nostra laicità, esercitata con eguale carica di speranza e di responsabilità. Non perdiamo l’allenamento a questo esercizio, anzi, facciamo in modo che diventi una sana, cristiana abitudine.

 

I riflessi sulla vita ecclesiale

I temi dei referendum (acqua ed energia nucleare) hanno interrogato tutte le coscienze e sono stati oggetto di confronto nei gruppi, coinvolgendo anche quelli che non hanno partecipato direttamente alla campagna referendaria. Non ci nascondiamo che la tentazione di semplificare è stata forte. In ogni caso riteniamo un bene che i nostri aderenti e simpatizzanti, in generale quelli che lavorano nelle parrocchie, abbiano avuto modo di incrociare gli elementi della nostra identità, Scrittura, Magistero e tradizione associativa, con alcuni problemi specifici della nostra vita civile.

Un referendum non risolve i problemi del mondo, ma prendere coscienza con serietà aiuta a far crescere comunità cristiane mature.

 

Oltre i referendum: proseguire nel cammino

Se entriamo nel merito delle questioni ci accorgiamo che non è difficile individuare un possibile cammino coerente con l’esito del referendum.

  • In generale si può approfondire la questione degli stili di vita ed è un terreno su cui possiamo incontrare molte giovani famiglie.
  • Il cammino può proseguire anche in ambito ecclesiale, cercando di porre alcuni passi con valore non solo simbolico. Come suggerisce la “Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita”, gli oratori, i campi scuola, le feste parrocchiali possono essere luoghi di educazione anche su questi aspetti.

 

Oltre i referendum: i problemi aperti

Diciamocelo chiaramente, questi referendum (acqua e nucleare) qualche problema aperto ce lo lasciano.

  • Siamo tutti convinti che ci sia bisogno di energia pulita e rispettosa per l’ambiente e per gli uomini. Ora rimane da capire come risolvere il problema dell’approvvigionamento energetico a costi che non siano proibitivi per le famiglie e, soprattutto, per le imprese.
  • Siamo tutti convinti che l’acqua sia un bene comune preziosissimo. D’altra parte è nella nostra tradizione il principio di sussidiarietà come argine allo statalismo. Dunque, una volta salvato il servizio idrico con le sue specificità, non possiamo dare per conclusa la riflessione sui rapporti tra impresa privata e stato in ordine ai servizi di pubblica utilità.

Stante la complessità delle questioni, stanti questi problemi lasciati aperti, un osservatore attento avrebbe riconosciuto che, in campo ecclesiale, l’adesione alla campagna referendaria non è stata così compatta. Intellettuali cattolici molto in vista si erano schierati per quattro NO, qualche giornalista ha parlato di cattolici per il NO. Siamo in politica, nel campo dell’opinabile: ciascuno ha contribuito al dibattito, mettendo in campo le sue buone ragioni, poi si è scelto ed operato secondo coscienza.

 

Uno sguardo lungimirante

Abbiamo sperimentato una situazione di pluralismo su opzioni di carattere generale, non immediatamente connesse con la rappresentanza politica. Questo ci introduce nell’ultimo passo della nostra riflessione.

Ci dobbiamo chiedere quali sono le condizioni affinché momenti come quello che abbiamo vissuto non rimangano isolati. Quali sono le condizioni per rinnovare e rafforzare il contributo dei laici cristiani alla vita civile del Paese?

Non tiriamo in ballo le grandi questioni e cerchiamo di dare una risposta che riguardi solo noi, direttamente noi, semplici laici impegnati nelle comunità ecclesiali.

Ci serve passione accompagnata da uno sguardo lungimirante.

Gli anni recenti sono gli anni del fossato, gli anni in cui la polemica politica è esplosa in toni accesi, gli anni del bianco e del nero, o con me o contro di me. Nelle nostre comunità, a tutti i livelli, forse abbiamo avuto paura a parlare di impegno civile per la paura di scoprirci da lati opposti del fossato. Abbiamo avuto paura che il confronto producesse lacerazioni.

Ecco, ci serve rinnovata passione, accompagnata da uno sguardo lungimirante, per guardare oltre le miserie e la palude di questo momento. Solo con questo sguardo le nostre comunità potranno trovare nuovi spazio di confronto e di impegno. Forse sarà necessario trovare anche una nuova lingua comune, per parlare di politica in situazione di pluralismo politico, tendenzialmente bipolare.

Prima o poi dovremo fare le analisi e i conti su quello che è stato il nostro impegno, o disimpegno, di laici e comunità cristiane, negli anni che ci lasciamo alle spalle.

Tuttavia lasciamo questo studio agli storici di professione. Nel frattempo, per tutti noi, laici cristiani con passione civile, le sfide per gli anni avvenire sono molto più urgenti e avvincenti. Le accogliamo come una vocazione.