A Gaza e a Betlemme il diritto dei bambini a sentirsi amati

di Luigi Sparapano

Gaza-Betlemme. Vista da qui, la 26ma giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, che si celebra il 20 novembre, avrebbe il sapore di una ricorrenza vuota, quasi offensiva, che l’“#Indigniamoci!” dato come slogan dall’Unicef alla petizione per i bambini migranti non accompagnati, sembrerebbe solo un’eufemismo.
«La crisi dei rifugiati e migranti in Europa è una crisi che colpisce drammaticamente i bambini: dall'inizio dell'anno 215.000 minorenni – 700 al giorno –  hanno cercato asilo nell'Unione Europea» dichiara il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera. «Quest'anno, ben 700 bambini sono morti attraversando il Mare Mediterraneo. Questi bambini, come i nostri figli, hanno diritto a crescere sani, a giocare, ad andare a scuola, ad avere un futuro.» Parole sacrosante!
Sono circa 30 milioni i bambini che negli ultimi due anni hanno lasciato le proprie case per fuggire da violenze e guerra. Ma ai bambini di Gaza e di Betlemme nemmeno questa disperata possibilità è consentita, se pure lo volessero. Anche loro hanno il diritto a crescere sani, a giocare, ad andare a scuola, ad avere un futuro.
Qui la situazione politica non lascia spiragli e ancora oggi, sotto gli occhi di noi giornalisti, delegati Fisc in Terra Santa per documentare i progetti sostenuti dall’8xMille della Chiesa Cattolica, sono avvenuti i consueti lanci di pietra tra ragazzi, dispersi dai fumeogeni della polizia israeliana.
Gioco, scuola, futuro… qui sembrano bestemmie. La parola dialogo sembra essere una chimera e chi ne paga il prezzo più alto sono i più piccoli.
Tra loro ci sono i più poveri tra i poveri; quei 44 bimbi che le Suore di Madre Teresa, nella loro Casa di Gaza, accolgono amorevolmente, ciascuno con la sua disabilità fisica o mentale, in ogni modo amato, curato, accarezzato, quando le mamme, e men che meno i papà, non possono farlo.
I bambini e ragazzi audiolesi del centro Effatà, voluto da Paolo VI nella storica visita in Terra Santa, dove Suor Piera e la sua fantastica squadra di Sorelle Dorotee (cinque italiane) e di insegnanti, danno realmente voce a chi non l’ha.
I 75000 bambini e ragazzi, prevalentemente musulmani, delle scuole del Patriarcato latino e della Custodia francescana, a Gaza come a Betlemme come in altre paesi; le scuole professionali e l’oratorio del centro salesiano, a due passi dalla Basilica della Natività.
I piccolissimi dell’Hogar Niño Dios di Betlemme, dove le Suore e i sacerdoti del Verbo incarnato, tengono insieme quei bambini “difettati” – come simpaticamente dice don Mario Cornioli, formidabile ed amabile collaboratore del Patriarcato latino – che nessuno vuole, ma ai quali suore, preti e volontari donano la vita perché almeno qualcuno di quei diritti venga loro assicurato.
C'è un'altro modo per salvaguardare i diritti dei bambini e qui lo abbiamo sperimentato.
Tra tutti i diritti disseminati fra i 54 articoli della convenzione ONU, quello più evidente che i nostri occhi hanno visto e le nostre mani hanno toccato, talvolta increduli e smarriti, che questi bambini percepiscono ma che non balza agli onori della cronaca, è quello ad avere comunque un cuore che batte per loro, occhi che incrociano i loro sguardi, mani che stringono mani, vite che si donano totalmente, nascoste dietro un sorriso impagabile.
Che è già presagio di futuro.