La prima lettera pastorale del nostro Vescovo Domenico con uno stile sobrio, discreto ma deciso, invita tutta la Chiesa diocesana ad accendere la luce di posizione, la Famiglia, perché sia chiaro e forte il segno che come credenti in questo nostro tempo, abitanti di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e Ruvo vogliamo offrire al luogo e al tempo che abitiamo. L’impegno di noi cattolici deve essere un servizio al mondo e quindi alla Chiesa, non attardandoci nelle nostre sacrestie e neanche nei nostri appartamenti. Non bisogna appartarsi, non bisogna stare al sicuro negli ambienti a noi cari.
Mons. Cornacchia nella presentazione della sua prima lettera alla diocesi, su questo è stato inequivocabile, ci ha detto che dobbiamo “impicciarci” degli affari del mondo, perché ci sta a cuore il nostro tempo e ci stanno a cuore gli uomini e le donne di questo tempo. Ecco perché dobbiamo tenere le luci accese, essere visibili, non coprire la lanterna sotto il moggio. La nostra fede, deve essere un’esperienza di bellezza e di felicità che dobbiamo annunciare a tutti, specialmente a chi è più distante da noi.
Partire dalla famiglia per sperimentare il nuovo umanesimo di cui ci ha parlato Papa Francesco al Convegno di Firenze, è allora il terreno più sconnesso, più accidentato, in cui più si sente il bisogno di essere presenti come Chiesa al servizio degli uomini.
La famiglia è il luogo che più rappresenta l’incarnazione del mistero di salvezza di Cristo. Il luogo in cui il mistero della vita accolta come un dono è l’immagine piena e vera di un Cristo che genera sempre cose nuove e belle. La bellezza dell’amore sponsale che unisce per sempre un uomo e una donna è l’incarnazione della proposta di accoglienza della diversità come paradigma della propria esistenza.
La famiglia cristiana è anche chiamata a diventare Famiglia “allargata”, cioè deve andare incontro ad altre famiglie in difficoltà. E deve curare le ferite provocate da una separazione o da un divorzio, rese fragili dai problemi economici, “disorientate” dalle tante preoccupazioni quotidiane. Il nostro pastore con un preciso richiamo alle cinque vie di Firenze esorta infine tutte noi, famiglie della Diocesi, a sperimentare l’umanità nuova in Gesù Cristo, coniugando i cinque verbi nella realtà delle nostre famiglie.
Essere famiglie in uscita da se stesse nella ricerca solidale. Annunciare la gioia di essere comunità di vita e di amore, comunicando questo amore con l’ascolto e il dialogo, abitando relazioni in famiglia e fuori di essa. Riscoprendo la bellezza dell’educare i figli umanamente e cristianamente anche attraverso l’esperienza della preghiera quotidiana per trasfigurarsi e mettere in luce la presenza di Dio nella propria Umanità. Ed allora tocca a noi, Chiesa fatta di laici, presbiteri e consacrati, uomini e donne, metterci in piedi, e percorrere la strada che ci sta davanti con le luci di posizione bene accese.