90^ Giornata Missionaria Mondiale

Domenica 23 ottobre 2016

 
«Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”» (Mt, 28).

É questo il comando di Gesù Risorto ai suoi: Andate! E rimane questo il compito precipuo della Chiesa di Gesù. Potremmo dire che il primo compito che Gesù affida e non altri. Predicare il Vangelo è ed è rimasto nella Chiesa degli inizi un compito importante.

«Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: “Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”» (At 6).

Ecco la priorità: annunciare la Parola di Dio. Credo che oggi si debba tornare a questo compito perché tutta l’azione della Chiesa di Gesù abbia un fondamento forte. Non è la chiesa una ONG, ma Corpo di Cristo che Salva.
L’ottobre missionario nasce dalla necessità di ravvivare questo impegno: annunciare il Vangelo, Gesù, Vangelo vivente.
Su questa tensione sarebbe opportuno ritornare al Concilio Vaticano II che afferma nella Ad Gentes:

«La Chiesa durante il suo pellegrinaggio sulla terra è per sua natura missionaria, in quanto è dalla missione del Figlio e dalla missione dello Spirito Santo che essa, secondo il piano di Dio Padre, deriva la propria origine. Questo piano scaturisce dall’amore nella sua fonte, cioè dalla carità di Dio Padre. Questi essendo il principio senza principio da cui il Figlio è generato e lo Spirito Santo attraverso il Figlio procede, per la sua immensa e misericordiosa benevolenza liberatrice ci crea ed inoltre per grazia ci chiama a partecipare alla sua vita e alla sua gloria; egli per pura generosità ha effuso e continua ad effondere la sua divina bontà, in modo che, come di tutti è il creatore, così possa essere anche “tutto in tutti” (1 Cor 15,28), procurando insieme la sua gloria e la nostra felicità. Ma piacque a Dio chiamare gli uomini a questa partecipazione della sua stessa vita non tanto in modo individuale e quasi senza alcun legame gli uni con gli altri, ma di riunirli in un popolo, nel quale i suoi figli dispersi si raccogliessero nell’unità».

Tornare al Concilio Vaticano II è riscoprire quelle verità profonde che lungo i secoli sono passate in silenzio, ma soprattutto perché le attività hanno perduto l’entusiasmo per il Vangelo.
Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio ha ricordato:
«La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento. Al termine del secondo millennio dalla sua venuta uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio. È lo Spirito che spinge ad annunziare le grandi opere di Dio: “Non è infatti per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1 Cor 9,16). 
A nome di tutta la Chiesa, sento imperioso il dovere di ripetere questo grido di san Paolo. Già dall’inizio del mio pontificato ho scelto di viaggiare fino agli estremi confini della terra per manifestare la sollecitudine missionaria, e proprio il contatto diretto con i popoli che ignorano Cristo mi ha ancor più convinto dell’urgenza di tale attività, a cui dedico la presente Enciclica. 
Il Concilio Vaticano II ha inteso rinnovare la vita e l’attività della Chiesa secondo le necessità del mondo contemporaneo: ne ha sottolineato la «missionarietà» fondandola dinamicamente sulla stessa missione trinitaria. L’impulso missionario, quindi, appartiene all’intima natura della vita cristiana e ispira anche l’ecumenismo: “Che tutti siano una cosa sola…, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21)».
Questi continui richiami all’Annuncio di Gesù e del Suo Vangelo rimangono ancora oggi e non si può pensare, come tanti sia laici che clero pensano, non spetta a Me. Forse si pensa che il nostro attivismo cambierà il mondo. No, c’è solo una Parola che salva, Lui, Gesù.
Mi auguro che rimanga nel cuori dei credenti quel invito dell’apostolo Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo».
 
di don Vito Marino
Direttore ufficio missionario
(Luce e Vita n.35 del 23/10/2016)