Omelia per la Santa Messa di Pasqua

Cattedrale, 16 aprile 2017
16-04-2017

Carissimi, risuonano ancora nei nostri orecchi le parole dell’Exultet di questa notte santa: “Gioisca la terra… la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo”! Sì, è Pasqua solo se facciamo prevalere la luce della comunione, del perdono, della remissione, dell’umiltà, del silenzio, della misericordia, sulle tenebre della cattiveria, dell’arroganza, dell’istintiva reazione senza intelligenza!
La porta del sepolcro è stata ribaltata dalla forza della vita, da quel Gesù che non si stancherà mai di continuare a sanare e a beneficare le membra ferite dell’umanità. Gesù ha operato il bene perché “Dio era con lui” (At 10, 38). Se Dio sarà con noi e, in noi, nulla e nessuno potrà mai farci soccombere!
“Noi siamo testimoni che Cristo è il Vittorioso. A noi ha ordinato di annunciare e di testimoniare” (Cf At, 10,39.42). Questo vuol dire Pasqua: essere e farsi testimoni dell’amore e della vita.
Nella misura in cui è stata rotolata via, dal nostro cuore, la pietra tombale della paura, dello scetticismo, dello scoraggiamento, saremo capaci di cercare, di guardare e di desiderare le cose di lassù (Col 3, 1), ovvero quelle cose che non deludono e che lasciano un’impronta indelebile nella nostra e nell’altrui vita.
La nostra esistenza terrena ha una sola destinazione: essere accanto al Re della vita, dell’amore e della gioia.
Non ci potranno trattenere le tenebre della nostra umanità ferita, delle nostre cadute, delle nostre debolezze umane! Andiamo verso Gesù, anche se dobbiamo affrontare le tenebre della stanchezza e del timore.
Entriamo nel sepolcro dell’umanità ferita dall’odio, dalla prevaricazione, dalla sfida arrogante ed umiliante del più forte di turno. Fermiamoci ad osservare e a ripulire quelle bende insanguinate da feroci ed ingiustificati attacchi del nemico astuto e perfido. Molti fratelli e sorelle sono ancora sotto il peso della sofferenza, della malattia, dell’indifferenza e della guerra. Avvolgiamo nelle bende della misericordia le membra ferite di Cristo, che viene deposto tra le nostra braccia, per essere da noi ospitato, accolto e consolato.
L’apostolo Giovanni entrò nel sepolcro, vide e credette che Gesù era davvero risorto (Gv 20, 8). Finché anche noi non entreremo nella vita e nella storia degli uomini, vere icone di Gesù, non crederemo!
Non limitiamoci a sfiorare semplicemente l’esistenza martoriata di tanti nostri fratelli e sorelle; bensì per quanto possibile, lasciamoci quasi contagiare dai loro problemi, passiamo sanando e beneficando tutti, sull’esempio di Gesù.
A queste due bambine che stanno per ricevere la Grazia del Battesimo, l’au- gurio di poter ringraziare sempre il Signore per il dono della vita e dell’esempio trascinante dei loro genitori e padrini.
Auguro a voi tutti di non cercare tra i “morti”, tra le cose effimere ed ingannevoli del mondo, Colui che invece è vivo (Lc 24, 5-6). “Cerchiamo le cose di lassù, senza stancarci mai”. E, coloro che ci guardano, se ne accorgano! Viviamo nel mondo, sempre dispensando luce, amore e fiducia!
“Sulla croce” e “nel sepolcro”, si sta come in una collocazione provvisoria, direbbe l’amato Mons. Tonino Bello!
La nostra patria è nel cielo. Auguri e così sia!

+ don Mimmo Cornacchia, Vescovo