Amore, felicità, tempo e vita. Roberto Vecchioni in Cattedrale

di Luigi Sparapano

La Cattedrale di Molfetta poteva sembrare inadeguata per ospitare il recital, promosso dalla Fondazione “V.M. Valente”, del cantautore Roberto Vecchioni, lunedì 26 giugno. Ma a parte qualche rara espressione gergale, i contenuti, affrontati con musica e parole, ben si incorniciavano nello scenario sacro in cui normalmente e con più solennità si celebra e si canta la fede e la vita, ugualmente con musica e parole, oltre che immagini, segni e simboli.

È risuonata la parola amore, che secondo l’artista sintetizza ogni ricerca di Dio, e la preghiera è «questo sussulto che diventa più bello se corale». Proprio la coralità è la prospettiva della fede come delle canzoni: «un quadro, una poesia, una canzone non si fanno per sé ma per la coralità, perché siamo tutti sulla stessa barca», ha affermato Vecchioni, incalzato dalle domande del regista Cosimo Damiano Damato. Parlando di Dio e della fede Vecchioni ha rimarcato come nei suoi testi egli esprima quasi una preghiera laica, quella che il Cardinal Ravasi gli chiede quando lo invita a parlare di Dio ai giovani preti. “Il problema non è che tu ci sia o non ci sia il problema è la mia vita quando non sarà più la mia, confusa in un abbraccio senza fine, persa nella luce tua, sublime, per ringraziarti non so di cosa e perché”. Così ha cantato ne La stazione di Zima, accompagnato solo dal formidabile arrangiamento chitarristico di Massimo Germini. E così la musica diventa “un’autostrada che porta a Dio”.

Felicità. Vita più che concetto. Dinamismo più che quiete. Non è nemmeno la stasi dei desideri, come nelle religioni orientali. Ma movimento! Nell’edificio sacro, affabulato dalle luci che pastellavano ora di verde, ora di blu e rosso, pareti e volta del presbiterio, l’artista ha ribadito, rifacendosi a Pasternak, che questo mondo non è un’anticamera, che la felicità non è quella che deve venire, ma è nella vita stessa, nello sbizzarrirsi di colori, di avvenimenti lieti e tristi, nell’alternanza di emozioni e sensazioni. Quasi che nell’Eden, dove tutto poteva alludere ad una felicità massima perché totale, il peccato fosse stato commesso per voler dare dinamismo ad una felicità altrimenti piatta. Il poeta milanese, di padre napoletano, ha proposto quindi un valore forte della felicità, intrinseco ad ogni attimo della vita che va vissuta nella sua pienezza. “Non voglio che tu sia felice – canta in Figlia – ma sempre “contro”, finché ti lasciano la voce”. Non essere tristi per una cosa passata, ma felici perché sia accaduta.

Il recital, organizzato come anteprima della rassegna “Luci e Suoni a Levante” della Fondazione Valente, presieduta da Rocco Nanna e presidente onorario Cosmo Giancaspro, sapientemente organizzata da Pietro Centrone, fa parte del tour in cui Roberto Vecchioni presenta il suo ultimo libro La vita che si ama (Einaudi),  il suo libro più intimo e autobiografico. «Il libro in cui l’idea stessa della vita e della felicità, il senso del rotolare dei giorni, trova forma di racconto».
Egli attinge alla sua biografia, anche a quella dolorosa che ha colpito lui e la sua famiglia, per condurre   lungo quello che più volte ha chiamato il tempo verticale, «uno spazio che tiene uniti tra loro passato presente e futuro, dove nulla si perde». Tempo, infatti, è stata l’altra parola declamata e cantata, e anche quando è segnato da lineamenti nostalgici o malinconici che affiorano nei suoi versi, il suo è un tempo pienamente vissuto e innamorato della vita. Nel libro e nelle canzoni egli scive alla sua famiglia, alla figlia, al figlio, alla mamma, al padre, alla sua donna che da “35 anni ama e non si sogna di tradirla o lasciarla perché ogni giorno è sempre nuova, sempre diversa…”.

Facile intuire che dopo amore, felicità e tempo, la parola conclusiva dell’intenso evento, attentamente seguito dal pubblico, pressoché adulto (purtroppo, sarebbe stata una occasione propizia per più giovani!) non poteva che essere vita. “La vita che non è uno scherzo”. La vita cantata con alcuni dei brani più famosi del suo repertorio e anche con due chicche del repertorio napoletano, per lasciare un segno profondo negli animi e sollecitare un amore più evidente e più dirompente per la vita. Per ogni vita.

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