Capaci di uno sguardo diverso

Angela Camporeale

Il recente suicidio di un ragazzino di sedici anni che non accettava la sua ‘diversità‘, perché avvertiva che né i suoi compagni di scuola né i suoi genitori la accettavano, mi ha indotto a mettermi in discussione come madre e a chiedermi se e in che misura sarei stata disposta ad accettare la ‘diversità‘ di mia figlia. Sarei stata in grado di accompagnarla come genitore in questo cammino di ricerca della propria identità, mettendomi in gioco con lei e impegnandomi nell’assiduo lavoro psicologico su se stessa e nel rapporto con gli altri? Dire di sì sarebbe da ipocriti, provarci e riuscire insieme a superare le difficoltà sarebbe da genitori saggi. Ma lo siamo veramente tutti? E quanto in particolare il nostro essere genitori cristiani ci aiuta?

Parlare di omosessualità o di diversità con i propri figli oggi non è più un ‘problema’; l’argomento, anzi, diventa occasione di confronto e di crescita per genitori e figli, tuttavia, e questo è capitato, se ne parla facendo riferimento agli amici dei figli o ai figli di altri genitori. Troppo semplice! Ma io? Come avrei fatto a far capire a mia figlia che lei non è Il brutto anatroccolo? Ebbene sì, mi è venuta in mente proprio la celebre fiaba di Andersen, in cui il povero uccello s’incontra e si scontra con diversi personaggi: gli animali da cortile che hanno una visione ristretta della vita, mediocre e circoscritta alle loro piccole miserie ‘umane’ e disprezzano tutto ciò che non conoscono, mentre gli uccelli migratori sanno volare alto e conoscono il mondo, altre lingue ed altri climi, per questo sono aperti e tolleranti. Non è forse questa una metafora della vita, in cui imparare ad accettare il diverso è una necessità? D’altra parte lo stesso filosofo J.J. Rousseau affermava che ‘l’uomo ha bisogno dello sguardo altrui’, cioè il diverso mi aiuta ad allargare lo sguardo su ciò che è umano. Dunque la nostra stessa identità procede di pari passo con quella dell’alterità, della diversità, possiamo dire io solo se contemporaneamente diciamo altro; è ovvia la diversità nella natura, nelle cose create dall’uomo e quindi dovrebbe essere ovvia la diversità fra gli uomini stessi. Già, dovrebbe essere; l’uso del condizionale estrinseca, in realtà, la difficoltà insita nell’accettazione e allora come aiutare il brutto anatroccolo a spiccare il volo? E la mia Fede in che modo mi aiuta? Forse più di quanto potrebbe sembrare. Avendo presente l’insegnamento etico d’avere sempre cura della persona al centro dell’attenzione di Dio, mi viene in mente solo una parola che più di ogni altra sintetizza il messaggio evangelico: accoglienza.

Accogliere è tra le esperienze essenziali della fede. L’obiettivo a cui tende la storia della salvezza è proprio questo: Dio vuole accogliere tutti gli uomini nella sua comunione di vita. In Gesù è Dio stesso che si fa accoglienza, e quando è Dio ad accogliere, la vita e la persona di chi viene accolto è un po’ alla volta positivamente trasformata. Si direbbe che in lui ci sono delle prerogative, delle potenzialità nascoste che solo l’accoglienza può mettere in luce e in azione. D’altra parte,Dio ama tutte le cose esistenti e nulla disprezza di quanto ha creato, perché se avesse odiato qualcosa, non l’avrebbe neppure creata. Il Signore risparmia e ha cura di tutte le cose perché tutte sono sue, ed egli è amante della vita. L’appartenenza di ogni uomo al Signore rimane al di sotto e contro ogni scelta contraria dell’uomo.

Se dunque ogni genitore partisse da questo principio cristiano inalienabile per il proprio figlio il cammino sarebbe più semplice; ma così non è, perché spesso l’etica cristiana viene confusa con quella perbenistica della morale comune. Si pensi alla scena del film ‘mine vaganti’ di Ozpetek: davanti alla famiglia riunita intorno ad un grande tavolo, uno dei protagonisti, rivela la sua omosessualità, scatenando le reazioni più disparate e svelando la pochezza del pensare comune. Il tema dell’omosessualità rappresenta per il regista il trampolino di lancio per un’analisi su quanto e come viene accettata la diversità; paradossalmente sarà infatti la nonna di Tommaso a lasciare al nipote l’insegnamento più importante: ‘non farti mai dire dagli altri chi devi amare e chi devi odiare. Sbaglia per conto tuo, sempre’.

Ma davvero è così sbagliato scegliere di essere diversi?