Con Gesù imparo a credere

di Vito Marino

Formare alla fede vuol dire formare alla fede di Gesù, alla sua fiducia, cioè al suo rimettersi alla cura paterna di Dio, certi che questo è possibile grazie al fatto che il Figlio è stato inviato appunto per ospitarci nella sua relazione con l’Abbà (Papà) divino. Si legge infatti: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore [e dunque in quello del Padre]» (Gv15,9).

Ma come realizzare un’impresa tanto impegnativa? Occorre dunque che ritroviamo sempre più spesso e sempre più fortemente la centralità di Gesù, e dunque il riferimento al suo vangelo.

Concretamente, per aiutare i più piccoli a familiarizzare con la figura del Nazareno, dovremo imparare a ri-narrare la storia evangelica. Dovremo avere ben presenti le sue tappe fondamentali, il suo stile, le sue svolte e i suoi vertici, in modo tale che si imprimano nella memoria nostra e di coloro che ci sono affidati.

Dal punto di vista della sua fede, la prima constatazione che ci consegnano i vangeli di Matteo e di Luca è questa: Gesù è cresciuto in famiglia, dove ha imparato i rudimenti del credo di Israele. Ma si è anche emancipato per poter incontrare personalmente suo Padre (vedi Lc 2,41ss). Sua madre Maria, presentata da Luca come modello del credente, ha accompagnato la sua vita fino all’età adulta. Ma anche il suo papà adottivo, Giuseppe, deve aver in qualche modo influenzato l’immagine di Padre che Gesù si è fatto a proposito di Dio! Ha poi iniziato il suo ministero pubblico scrutando il suo tempo e avvertendo nel movimento di Giovanni il Battista il segno che era venuto il momento della sua «uscita» da Nazaret per cominciare la sua missione.

Subito ha incontrato (e poi ancora assai spesso di seguito) la resistenza di realtà ostili che lo hanno messo a dura prova (le tentazioni!). La scelta è stata quella di andare in giro, itinerante, per poter incontrare le persone nel loro ambiente. Arrivava da forestiero e chiedeva ospitalità. A quel punto poteva anche parlare di un Padre ospitale. Nel frattempo alcuni incontri lo istruivano, o almeno lo confermavano, sulla bontà e verità della sua esperienza di Dio: sia perché vedeva rinascere molte esistenze piegate dal male e dall’oppressione; sia perché alcuni mostravano di essere misteriosamente in possesso di una conoscenza di suo Padre che lo riempiva di meraviglia e di gratitudine (un testo per tutti: Luca 7,1-10).

In particolare potrebbe essere assai utile sostare su tre aspetti dello stile di Gesù che indichiamo con tre verbi.

Il primo verbo è vedere.

Gesù come guarda le cose, gli altri, la natura? Il suo sguardo è orientato dall’ascolto della Parola di Dio per farsi a sua volta «ascolto» di una parola di Dio nel lievito della pasta, nel crescere del grano, nella cura del pastore, ecc. E cosa vede Gesù quando incontra un peccatore? Il suo peccato o un povero da aiutare? E quando incontra una adultera? Una peccatrice o una sorella da accogliere?

Il secondo verbo è condividere.

Intanto Gesù può portare la buona notizia a chi attende la salvezza in quanto condivide in tutto, tranne il peccato, la condizione umana. Uno come noi, in tutto. Siamo capaci di restituire a chi ci ascolta questo Gesù? Oppure appare irrimediabilmente lontano, nella sua condizione di chi, per amore, serve’ ? E questo, infine, è semplicemente il nome dell’amore che fa dono di sé fino a morire per noi. Quando questo accade, ecco che il Padre lo conferma risuscitandolo dai morti.

Il terzo verbo è servire.

Non solo benevolo nel guardare e nel condividere, ma disposto ad abbassarsi fino a farsi nostro servo per prendersi cura di noi come fa suo Padre. Questo è Gesù.

Comune a tutti questi verbi è amare. Il Maestro guarda con amore, condivide per amore, serve’ E questo, infine, è semplicemente il nome dell’amore , ecco che il Padre lo conferma risuscitandolo dai morti. Così abbiamo saputo che era davvero il Figlio, nostro fratello. E grazie a questo in lui siamo figli dell’unico Padre e finalmente fratelli tra noi.