Fare tutti un passo indietro

di Domenico Amato

Da mesi una parola è risuonata in modo ripetitivo e per certi versi asfissiante: ‘Fare un passo indietro’. E qualcuno ha pensato che bastasse fosse il Presidente del Consiglio a fare quel passo indietro, che tutto potesse tornare a posto. Qui non voglio riproporre ragioni e torti di chi questo Paese ha governato e delle responsabilità che ci hanno portato al punto in cui siamo. Non sono un politologo e non sono un economista, e sono consapevole che sarà la storia ad esprimere un giudizio sul nostro tempo e su questo tornante della vita italiana, ma in questo momento non posso rinunciare ad esprimere alcune considerazioni.

Fare un passo indietro tocca a più di uno in questo momento.

Tocca ai partiti che abbiamo visto in questi anni arroccati su posizioni di difesa di interessi di parte e con un tasso di litigiosità senza precedenti. Se essi non torneranno a guardare all’interesse comune dell’Italia e continueranno a pensare al piccolo cabotaggio dell’interesse di bottega, i veti incrociati continueranno e mai si faranno quelle riforme strutturali sempre invocate e mai proposte e attuate. È chiaro che quando si parla di interessi particolari si fa riferimento a quelle lobby più o meno estese, più o meno potenti, che fanno pressione sui politici affinché non si vadano a toccare i privilegi che in questi anni si sono accumulati e a cui nessuno vuol rinunciare.

E proprio a queste corporazioni va richiesta l’assunzione di responsabilità e la capacità di uno sguardo più lungo. Fare un passo indietro per loro significa rimettersi in gioco; aprire gli ordini professionali, tornare a porre il primato dell’economia sulla finanza da parte delle banche; accontentarsi del giusto, senza bonus, super-bonus, super stipendi e pensioni d’oro. È chiaro che qui si fa riferimento a tutte quelle situazioni che legittimamente si sono acquisite nel tempo delle vacche grasse, ma che non possono essere mantenute pervicacemente nel tempo delle vacche magre. Ma poi c’è tutta quella zona grigia che va sotto il nome di evasione ed elusione fiscale, di sotterfugi, che affossando il sistema Paese, stanno affossando anche chi per anni li ha compiuti e continua a compierli. Fino a giungere a quella zona nera fatta di tangenti, ruberie, pizzi’ da cui ogni onesto cittadino ha il diritto di essere difeso.

Devono fare un passo indietro tutti coloro che lavorano nel sommerso, che sfruttano lo Stato, che guardano alle sovvenzioni statali come a bonus da sfruttare, che irresponsabilmente sprecano, tanto c’è sempre qualcun altro che paga. Se non si cambia passo, se non si riguadagna il senso di appartenenza a questa comunità civile, se non si ritorna a sentirsi partecipi e responsabili della vita, dell’economia, della politica della nostra Italia, non ci sarà governo tecnico che possa fare miracoli.

E, infine, deve fare un passo indietro ogni cittadino, lasciando da parte il livore dello scontro e riassumendo la capacità di vedere nell’altro l’avversario non il nemico da distruggere. Cittadini che tornino ad interessarsi della polis, non discutendo ed esultando alla stessa maniera per il risultato di una partita di calcio piuttosto che per la caduta di un governo.

Il Paese non si salverà se non insieme. Queste parole furono pronunciate negli anni Ottanta del secolo scorso, ormai trent’anni fa, dai Vescovi italiani riferendosi ad un Paese spaccato in due fra Nord e Sud. Si disse, allora, che non ci poteva essere sviluppo se non insieme ed era una illusione favorire una parte a discapito dell’altra. Parole inascoltate! Oggi quelle parole valgono ancora e sono più vere, anche se la linea di demarcazione non attraversa più il Nord opulento e il Sud arretrato, ma passa tra i supergarantiti e chi vive la precarietà della vita. Se non ci si salva insieme nessuno potrà pensare di rimanere esente dalla crisi che si sta abbattendo su di noi.

Il rigore istituzionale con cui il Presidente della Repubblica sta accompagnando questo delicato passaggio, la rettitudine e la competenza di alto profilo riconosciuta al Presidente del Consiglio incaricato, il senso di responsabilità che deve attraversare il mondo politico, possono compiere quel miracolo che già in altre stagioni gli italiani sono stati capaci di compiere.