Rosario Livatino nacque a Canicattì nel 1952, conseguì la maturità nel locale liceo classico, fu impegnato nell’Azione Cattolica, sempre assiduo all’eucarestia domenicale e discepolo fedele del crocifisso.
Si laurea in Giurisprudenza con il massimo dei voti nel 1975 e nel 1978 entra in magistratura dopo il tirocinio presso il tribunale di Caltanisetta; nel settembre del 1979 entra nella procura della Repubblica come Pubblico Ministero.
Rosario Livatino, definito da Cossiga “giudice ragazzino”, consacrò la sua breve carriera da magistrato a Dio e nel giorno del suo giuramento scrisse: “Oggi ho prestato giuramento, da oggi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l’educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige”.
Livatino volle un crocifisso in ogni aula di udienza e ogni mattina, prima di recarsi in Tribunale, andava a pregare in chiesa.
Fede e diritto erano interdipendenti, in reciproco contatto e in un indispensabile confronto quotidiano tra loro.
Secondo il pensiero di Livatino la giustizia è necessaria, ma non sufficiente e deve essere sempre superata dalla legge della carità e dell’amore; egli più volte ribadì che bisognava guardare con amore alla persona giudicata e non bisognava confondere la persona con il reato.
Rispetto al suo ruolo di magistrato il giudice ragazzino ebbe a dire che compito del giudice è quello di scegliere per decidere ed è proprio nell’azione dello scegliere che il magistrato credente realizza il rapporto con Dio.
Papa Giovanni Paolo II nel 1993, in occasione nella sua visita pastorale in Sicilia, incontrando i genitori di Livatino, lo definì con gli altri uccisi di mafia “martire della giustizia e indirettamente della fede”.
Livatino fu ucciso in un agguato mafioso nel settembre del 1990, all’età di 37 anni, sulla strada che da Canicattì conduce ad Agrigento mentre senza scorta, pur conscio dei rischi che correva, si recava in tribunale.
Per la sua morte, grazie al supertestimone Pietro Nava, sono stati individuati i membri del commando omicida e i mandanti tutti condannati all’ergastolo.
Rosario Livatino verrà beatificato nella cattedrale di Agrigento il 9 maggio dopo che nel dicembre del 2020 la Santa Sede ha riconosciuto il martirio in odium fidei del giovane giudice siciliano.
La prova del martirio odium fidei di Livatino è arrivata in seguito alle dichiarazioni rese da uno dei quattro mandanti dell’omicidio, dalle quali è emerso che chi ordinò quel delitto conosceva quanto Livatino fosse giusto e attaccato alla fede e in ragione di ciò andava ucciso perché rifiutava di scendere a patti con la criminalità. Dalle sentenze dei processi sulla morte del giudice emerge che esponenti locali di Cosa Nostra, etichettavano Livatino come “uno scimunito”, un bigotto perché fervido credente.
Papa Francesco ha definito Rosario Livatino esempio per tutti coloro che operano nel campo del diritto: per la coerenza della sua fede, per la rettitudine morale e per l’alto senso della sua professione, intrapresa come fosse una missione; la sua figura ci esorta a essere “luce del mondo e sale della terra”, testimoni credibili del Vangelo anche in una società che è chiusa nei propri interessi personali.
Francesca Balsano