Il successore di Pietro: un pescatore che sa obbedire

Nicolò Tempesta

Avevamo appena finito di ascoltare, domenica scorsa, l’espressione tenera e vera di Pietro sulle rive del lago di Cafarnao, dopo un giorno carico di delusione e di attese: ‘Maestro, sulla tua parola getterò le reti’ per trasformare le rive del lago di Tiberiade in una sorta di porto da dove ripartire. Senza volerlo, anche il colonnato del Bernini ‘ con sorpresa ‘ mi sembra che in questi giorni si sia trasformato nelle rive di quel lago e il successore di

Pietro ancora una volta ci insegna che l’essenziale è fare spazio al Maestro sulla barca della nostra vita.

Credo che in questo momento la vita della Chiesa, ‘la barca di Pietro’ ‘ così come l’ha definita lo stesso Pontefice nell’annunzio della sua rinuncia al ministero petrino – consista con semplicità e umiltà nel far posto a Gesù che vuole (è il

dovere dell’amore!) salire sulle nostre imbarcazioni e ancora reclutare discepoli, ‘umili e semplici lavoratori’, esperti nel gettare con coraggio, in questo tempo, le reti in un mare altrettanto pescoso, ma forse più profondo: il cuore di ciascun uomo e il nostro mondo. Un mondo ancora giovane e per questo poco conosciuto. Grazie a Papa Benedetto XVI non potevamo entrare in modo migliore in questo tempo di Quaresima recuperando il primato dello spirituale nella vita, in un faccia a faccia vero che dovremmo avere con Dio nel segreto della nostra coscienza, così come è accaduto a don Josef Ratzinger: ‘Ad cognitionem certam perveni vires meas ingravescente aetate‘.

Papa Benedetto XVI vuole ancora ricordarci che il pescatore chiamato dal Cristo non si fa illusioni ‘ questo ci insegna l’ingravescens aetas ‘ e il suo mestiere è gettare la rete, poi riempirla è il risultato di un gioco che si chiama corrente, frutto della combinazione affidata al vento e alle onde. Mi piace leggere in questo modo ciò che il Papa ha detto ai seminaristi del seminario romano maggiore lo scorso venerdì: ‘Essendo cristiani sappiamo che il futuro è nostro e l’albero della Chiesa non è un albero morente, ma un albero che cresce sempre di nuovo’.

Ma perché il Signore chiama proprio un pescatore al timone della Chiesa? Probabilmente sono gli uomini che sanno stare più di tutti sopra le onde dove l’equilibrio in piedi è incerto e proprio per questo adatti all’avventura di spargere la bella notizia del Vangelo che lambisce le sponde precarie delle nostre storie. Capita così anche per noi, il solo pensiero dell’ondulare dell’acqua crea fastidio, sindrome di quel mal di mare che diviene come un malessere da ubriacatura: ‘Sarai come chi giace in mezzo al mare, come chi siede sull’albero maestro’ (Pr 23,34). Pietro ancora una volta ci insegna a saper gestire le nostre fragilità, a saperle dirigere per poter ‘gettare le reti per la pesca’.

Questo sarà pure l’imperativo che udranno i cardinali in Conclave per l’elezione del nuovo Papa, non solo la scelta di un volto nuovo o di un nome più o meno conosciuto ai più (impossibile saperlo) ma una scelta di essere Chiesa nel mondo, una chiamata ancora più forte alla ‘conversione’. Il Conclave sarà una sosta di verifica per rispondere alla domanda fondamentale che in modo disarmante lo stesso Pontefice ci ha ricordato nell’udienza di mercoledì scorso: ‘Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita? E’ Lui il Signore o sono io ?[‘] Convertirsi, un invito che ascolteremo molte volte in Quaresima, significa seguire Gesù in modo che il suo Vangelo sia guida concreta della vita; significa lasciare che Dio ci trasformi, smettere di pensare che siamo noi gli unici costruttori della nostra esistenza; significa riconoscere che siamo creature, che dipendiamo da Dio, dal suo amore. Questo esige di operare le nostre scelte alla luce della Parola di Dio. Oggi non si può più essere cristiani come semplice conseguenza del fatto di vivere in una società che ha radici cristiane: anche chi nasce da una famiglia cristiana ed è educato religiosamente deve, ogni giorno, rinnovare la scelta di essere cristiano, cioè dare a Dio il primo posto’.

Papa Ratzinger, teologo per vocazione, ha detto sì ancora una volta a quella logica d’amore che fa del pescatore di Galilea non un uomo che si arrende, ma che sa obbedire al Maestro ammonendoci sull’essenziale (sopratutto in questo tempo liturgico definito ‘forte’) che è cercare il senso della Parola di Dio che non s’impone nè possiede le persone, ma ti lascia libero di ‘prendere il largo’.