In preghiera per l’Italia

di Domenico Amato

Il  30 maggio la nostra comunità ecclesiale col Vescovo mons. Martella si ritroverà insieme per elevare una preghiera comune e affidare il Popolo Italiano alla Vergine Maria ‘Mater Unitatis’. Questo convenire fa seguito alla preghiera che i Vescovi hanno tenuto nella Basilica di S. Maria Maggiore a Roma durante l’ultima Conferenza Episcopale.

Tale preghiera si inserisce nel contesto dei festeggiamenti per il 150° anniversario dell’Unità nazionale. Affidare l’Italia alla Madonna significa prima di tutto fare memoria della predilezione che la Vergine Maria ha per il nostro Paese. Contare i santuari mariani sparsi per le contrade d’Italia significa entrare in una ragnatela di grazia che accompagna la nostra vita. ‘Sappiamo che, nell’attaccamento alla Madre del Redentore e nostra, c’è un dato storico che da sempre ci unisce, e che in tale devozione si rintraccia il volto popolare della nostra Terra’, ha detto il Card. Bagnasco nella prolusione di lunedì scorso all’Assemblea generale dei Vescovi.

Già Giovanni Paolo II aveva voluto una preghiera per l’Italia in un momento difficile della storia nazionale, oggi questo gesto semplice ma di grande speranza e fiducia si ripete. È un gesto che vuole determinare ‘il recupero della stima che gli italiani devono avere di se stessi e del proprio compito rispetto agli altri popoli e alle altre nazioni, e in solidarietà con questi’.

Certo, anche oggi stiamo attraversando momenti difficili della nostra storia, ma come cattolici siamo consapevoli che il nostro contributo a questo Paese è determinante. È ancora il Card. Bagnasco che ci esorta a riflettere che ‘se, nonostante tutto, il Paese regge è perché ci sono arcate, magari non immediatamente percepibili, che lo tengono in piedi. La rappresentazione pubblica talora soffre di qualche unilateralità e di predominanze che nei fatti non trovano sempre giustificazione. L’Italia non è solo certa vita pubblica. La politica in sé è comprensiva di dimensioni più ricche e articolate e, in ultima analisi, la nostra idea è che fanno realmente politica tutti coloro che operano per il bene comune’.

Lamentarsi per le cose che non vanno può risultare esercizio sterile. Cogliere il degrado di certe situazioni non ci autorizza ad una latitanza nella vita pubblica del Paese: ‘Credo vada recuperata una capacità di sguardo che superi le apparenze, le chiazze di colore, le devastazioni di immagine, per cogliere la struttura interiore, l’intelaiatura d’acciaio che sorregge il Paese: quello che, ad ogni nuovo mattino che la Provvidenza offre, si auto-convoca al proprio dovere’.

Affidare l’Italia a Maria non è esercizio di chiusura bigotta, ma consapevolezza del proprio ruolo di cittadini. In quanto italiani e in quanto cattolici amiamo e ci spendiamo per questo nostro Paese. E ci fa soffrire ancora di più vedere l’inadeguatezza di una classe dirigente incapace di intercettare le domande che partono dal tessuto vivo di questa nazione. Avverte ancora il Card. Bagnasco che ‘se oggi diciamo che vi è una rappresentazione della vita politica svincolata dalle aspirazioni generali, lo facciamo certo con l’avvertenza dei meccanismi sofisticati che fatalmente concorrono alla proiezione esteriore delle società moderne. Eppure non ci sono scusanti. La politica che ha oggi visibilità è, non raramente, inguardabile, ridotta a litigio perenne, come una recita scontata e ‘ se si può dire ‘ noiosa. È il dramma del vaniloquio, dentro ‘ come siamo ‘ alla spirale dell’invettiva che non prevede assunzioni di responsabilità. La gente è stanca di vivere nella rissa e si sta disamorando sempre di più. Gli appelli a concentrarsi sulla dimensione della concretezza, del fare quotidiano, della progettualità, sembrano cadere nel vuoto. Ambiti come l’allerta emergenziale, che erano non solo funzionanti ma anche ragione di sollievo, oggi appaiono fiacchi e meno reattivi. A potenziale contrasto, c’è una stampa che appare da una parte troppo fusa con la politica, tesa per lo più ad eccitare le rispettive tifoserie, e dall’altra troppo antagonista, e in altro modo eccitante al disfattismo, mentre dovrebbe essere fondamentalmente altro: cioè informazione non scevra da cultura, resoconto scrupoloso, vigilanza critica, non estranea ad acribia ed equilibrio. Ma segnaliamo lo iato anche per dare voce all’invocazione interiore del Paese sano che è distribuito all’interno di ogni schieramento. Dalla crisi oggettiva in cui si trova, il Paese non si salva con le esibizioni di corto respiro, né con le slabbrature dei ruoli o delle funzioni, né col paternalismo variamente vestito, ma solo con un soprassalto diffuso di responsabilità che privilegi il raccordo tra i soggetti diversi e il dialogo costruttivo. Se ciascuno attende la mossa dell’altro per colpirlo, o se ognuno si limita a rispondere tono su tono, non se ne esce, tanto più che la tendenza frazionistica si fa sempre più vistosa nello scenario generale come all’interno delle singole componenti’.

Per dire ancora che questo Paese ci appartiene, che questo Paese amiamo e che per questo Paese speriamo vogliamo incontrarci insieme a pregare, ringraziare e guardare avanti. Lo faremo col nostro Pastore lunedì prossimo alle ore 20 presso la parrocchia S. Maria della Stella a Terlizzi.