La comunicazione nella cultura digitale

di Luigi Sparapano

La Giornata Mondiale delle Comunicazioni sociali assume, anno dopo anno, una importanza crescente, proporzionata al grado di pervasività della comunicazione digitale nel nostro tempo.

Nel suo Messaggio il Papa paragona ‘il flusso di grandi mutamenti culturali e sociali’ prodotti dalla  ‘profonda trasformazione in atto nel campo delle comunicazioni’ ai cambiamenti epocali prodotti dalla rivoluzione industriale. Ed è così.

È ormai chiaro, già da anni, che parlando di comunicazioni sociali, e in particolare di comunicazione digitale, non ci si riferisce ad una questione di innovazione meramente tecnologica, quanto ad una mutazione culturale che condiziona pesantemente le dinamiche e le relazioni interpersonali e sociali. Lo sperimentano coloro che, pur non più giovanissimi, sono abbondantemente presenti nella rete digitale, e non in maniera passiva, ma da protagonisti, da autori, gestori e fruitori di informazione, proprio come vuole la logica del web 2.0. Lo sperimentano ancora di più i cosiddetti ‘nativi digitali’, cioè le nuove generazioni che nascono nell’era di internet e che da tenera età sono accostati al computer e alla rete, in una dinamica quasi ormai naturale e ineliminabile, che modifica quelle che sono le teorie della socializzazione primaria e secondaria e chiama infatti la pedagogia a rielaborarle.

Tutto questo, evidentemente, non è negativo, non è da esorcizzare, come talvolta fa chi non ne ha dimestichezza e si trincera dietro giudizi sommari. A patto però che le tecnologie e relative applicazioni siano poste, come dice ancora il Papa ‘al servizio del bene integrale della persona e dell’umanità intera’.

A questo punto entra in gioco la responsabilità educativa degli adulti, chiamati appunto ad educarsi e ad educare alla conoscenza dei mezzi e dei linguaggi, in quanto il ruolo della comunicazione digitale nei processi educativi è sempre più rilevante. Chiamati anche ad evitare un ulteriore elemento di discriminazione sociale, il cosiddetto digital divide, cioè il divario che si crea tra chi ha accesso alla comunicazione digitale e chi ne è escluso. La scuola deve essere in prima linea in questo.

In queste pagine abbiamo più volte affrontato di tali temi e torneremo a farlo con sistematicità.

A questo darà un contributo l’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, preposto tra l’altro, ad accompagnare anche la comunità ecclesiale in un percorso di riflessione su questa evoluzione culturale e anche di interazione con le nuove tecnologie e la loro funzione in ambito pastorale.

In tema di comunicazione, la nostra Diocesi non è all’anno zero. Ne è prova immediata questo nostro Settimanale, sistematicamente attento ad accompagnare l’in-formazione, magari da valorizzare di più nelle parrocchie e nei gruppi; esso offre settimanalmente spunti di approfondimento, oltre che di cronaca, sulla vita che viviamo e l’intreccio di questioni che possono arricchirla o depotenziarla. Accanto ad esso diversi altri strumenti: i periodici diocesani (Luce e Vita Giovani, Kleopas, Audiant et laetentur‘), i diversi bollettini parrocchiali e associativi, il sito internet e la newsletter diocesana e i siti parrocchiali, le sale della Comunità’ Tutti strumenti che richiedono di essere posti in rete, pena la loro parcellizzazione  e autoreferenzialità.

Diventa improcrastinabile, per ciascuna comunità parrocchiale, l’individuazione di quella nuova figura che è l’animatore della cultura e della comunicazione, che affianchi nelle parrocchie quelle ormai ampiamente riconosciute del catechista, dell’animatore della liturgia e della carità. «In questo campo servono operai che, con il genio della fede, sappiano farsi interpreti delle odierne istanze culturali, impegnandosi a vivere questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento, ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli» (CEI, Comunicazione e missione, n.121).