È stucchevole il “teatrino della politica” aperto dal ritiro di due ministre dal Governo guidato da Giuseppe Conte da parte di Matteo Renzi, l’ex-rottamatore ora leader di Italia Viva, piccolo partito nato da una scissione nell’estate del 2019, subito dopo la formazione dello stesso Governo Conte 2. Sono quasi tutte insufficienti le parole per descrivere lo stato d’animo di tanti cittadini, i quali, per la compostezza e la disciplina con cui in generale stanno fronteggiando la difficilissima emergenza sanitaria per la pandemia da Covid e la durissima crisi economica conseguente, avrebbero meritato una classe dirigente politica più adeguata. L’incredulità è alimentata dal fatto che sembra si sia dimenticato di essere di fronte alla più grande crisi dopo la Seconda guerra mondiale del secolo scorso.
Non conosciamo l’esito del dibattito sulla fiducia al Governo nelle aule parlamentari, ma in questo momento sembrano prevalere incredulità, incertezza, sfiducia. Sembrano così lontane le parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella solo due settimane fa: “Non viviamo in una parentesi della storia. Questo è tempo di costruttori.” Ecco, persino la parola “costruttori” in questi giorni di crisi al buio è divenuta sinonimo di “voltagabbana”. Facciamo nostre le parole pronunciate dall’Azione Cattolica Italiana che, insieme ai movimenti culturali di area (Fuci e Mieac), ha parlato con chiarezza di crisi “deleteria e incomprensibile”. Deleteria, perché introduce ulteriori fattori di incertezza nel pieno di una pandemia mondiale, agli inizi di una campagna vaccinale dalle proporzioni mai sperimentate prima e con una crisi economica in arrivo, un vero e proprio tsunami. “Il Paese – scrive l’AC – è allo stremo delle forze. Gli italiani soffrono per l’epidemia, per il crescente numero dei morti e per l’emergenza sanitaria che riguarda tutti, per le enormi difficoltà economiche che la pandemia ha generato. Temono per il loro lavoro, per la loro famiglia, per il loro futuro. I più giovani non possono vivere una normale esperienza scolastica e universitaria, decisiva per fare di loro i cittadini di oggi e di domani.” Il Vescovo di Campobasso mons. Giancarlo Maria Bregantini ha espresso preoccupazione per la crisi politica parlando di “delusione e rabbia”.
In questo difficilissimo contesto, alcuni leader politici non hanno trovato di meglio che aprire una crisi politica dagli esiti imprevedibili. Con ciò non si vuole annullare l’importanza degli strumenti propri della dialettica politica, anche all’interno di una coa-lizione di forze politiche di governo, considerato che nella cosiddetta Terza Repubblica le maggioranze si formano dopo le elezioni in Parlamento. Ma, come si è detto da più parti, un conto è la critica (persino il duro scontro dialettico) altro una crisi al buio. Beninteso, non che non sia legittimo chiedere di ritornare a votare. La questione è di opportunità politica e di motivazioni forti e comprensibili, e comunque dopo aver accertato l’assenza di maggioranze di governo in Parlamento. Il problema posto era quello del Recovery Plan o Piano di Ripresa e Resilienza, come lo abbiamo chiamato in italiano? Bene, quel piano è stato rivisto e migliorato sia nei contenuti che nella governance. Ottenuto questo, che si fa? Si rilancia sul ricorso al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità o Fondo salva-Stati), essendo ormai conclamato che non c’è una maggioranza parlamentare disposta ad approvare il ricorso dell’Italia al MES? Qui scatta l’incomprensibilità delle ragioni di questa crisi e il rigetto infastidito e imbarazzato per questo “teatrino” da parte della stragrande maggioranza dei cittadini italiani, come segnalano diversi sondaggi.
Non è questo il luogo per un’analisi politica più ampia. Bisognerebbe forse tornarci per una lettura comunitaria di contesto. Vorremmo, almeno, ricordare un passo dell’ampia intervista di Papa Francesco a Mediaset di qualche giorno fa. Diceva più o meno così: questo è il tempo del “noi e non dell’io”, anche in politica. Non si tratta di sospendere la dialettica politica – diceva con chiarezza il Papa – ma di orientarla al bene comune, che in questo momento storico significa uscire dalla emergenza sanitaria e curare la società dallo tsunami economico (perdita di lavoro, povertà diffusa) che la pandemia sta trascinando con sé.
Cosmo Altomare,
Direttore Ufficio pastorale sociale