L’apparente sconfitta

di Giovanni Morelli*

L’attentato, compiuto il 19 maggio davanti alla scuola “Morvillo-Falcone” di Brindisi, obbliga tutti, credenti e non solo, a una seria e pacata riflessione.
È più che legittimo gridare con forza che non si può morire nel modo in cui è accaduto alla povera Melissa Bassi. È più che comprensibile manifestare la propria rabbia verso colui, o coloro, che hanno osato tanto. Ma ai cristiani è chiesto di più, alla denuncia occorre far seguire l’annuncio, i gesti concreti, la testimonianza personale e comunitaria.
Il sangue innocente della giovanissima Melissa non chiede vendetta, bensì giustizia. L’arcivescovo di Brindisi-Ostuni lo sta ripetendo fin dal primo momento rivolgendosi, anche attraverso i mezzi di comunicazione, agli autori dell’attentato, invitandoli a pentirsi e a costituirsi per recuperare quel briciolo di umanità e di dignità che, ne siamo convinti, è presente anche nel cuore degli assassini.
L’Italia, e Brindisi in particolare, ha attraversato periodi della propria storia persino più drammatici e violenti del tempo presente. Ma alle bombe, al terrore, alla destabilizzazione e agli attacchi continui alla democrazia, non possiamo e non dobbiamo abituarci.
Da questa tragica vicenda dobbiamo uscire tutti più forti e consapevoli del nostro ruolo di cristiani e di cittadini impegnati nella costruzione del bene comune.
Dalle manifestazioni spontanee partite da Brindisi, e svoltesi nelle piazze di tutta Italia a poche ore dal tragico avvenimento, è emerso tutto il dolore, lo sdegno e il senso di frustrazione e d’impotenza. Persino le tensioni, inevitabilmente vissute nella piazza di Brindisi stracolma di giovani, consegnano a ciascuno, singoli e comunità, due messaggi ben precisi.
Il primo. La rabbia deve lasciare il passo all’impegno, a una rinnovata responsabilità verso se stessi e verso la comunità in cui si vive, anche da parte degli stessi giovani. A Brindisi lo ha ricordato con forza don Luigi Ciotti, fondatore di “Libera” che ha invitato tutti a “trasformare la paura in speranza”. Ecco il compito per i cristiani: affrontare le croci quotidiane, piccole e grandi, con la fiducia che questa apparente sconfitta della nostra umanità è stata già vinta dalla risurrezione del Signore.
Il secondo messaggio. I giovani hanno bisogno di guide forti e autorevoli, di adulti coerenti e appassionati. Istituzioni politiche, scuola, Chiesa e famiglia: tutti insieme devono porsi accanto alle giovani generazioni, valorizzare i loro talenti, sostenerli nella fatica a crescere, aiutarli a riscoprire i valori fondamentali dell’amicizia, della solidarietà e del rispetto per la vita. Ma soprattutto essere insieme con loro nella costruzione di quella grande civiltà dell’amore che, questa sì, è davvero in grado di rinnovare i nostri cuori.
Quando anche stavolta si spegneranno i riflettori e le telecamere, rimarrà il dolore inconsolabile dei genitori di Melissa, le paure dei ragazzi che proprio in questo periodo si accingono a raccogliere i frutti di un anno scolastico fatto d’impegno e sacrifici.
Ma resterà anche il dolore di una comunità che ha assistito impotente a questo sfregio alla vita.
Pian piano, lo si spera, si tornerà alla normalità di una vita quotidiana fatta, soprattutto qui al Sud, di fatica e sudore.
Per dirla con le parole di Benedetto XVI nel messaggio per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, rimarrà quel silenzio, “nel quale si apre uno spazio di ascolto reciproco e diventa possibile una relazione umana più piena”.
 
* Responsbaile delle Comunicazioni sociali, Arcidiocesi di Brindisi-Ostuni