Le parole come scrigni

Editoriale n. 19 del 13 maggio 2018

Oggi i media non solo informano, ma definiscono la nostra identità». L’affermazione di Mons. Nunzio Galantino, nella sua recente relazione per i 40 anni di TeleDehon, è certamente vera in riferimento ai social; medianteessi ciascuno rispecchia se stesso, mostra la sua immagine, rivela la sua attività sociale, troppo spesso anche frammenti di vita privata. Ma è vera anche per uno strumento, quale è Luce e Vita, attraverso il quale la nostra Diocesi si racconta, da oltre 90 anni, e in un certo senso si identifica: nella storia che abbiamo narrato in occasione degli 80 e dei 90 anni del settimanale, è facile osservare come l’analisi delle diverse annate di pubblicazione rivela le epoche storiche, i passaggi cruciali, le testimonianze determinanti che hanno segnato la vita della Diocesi. Non ultimo il decennio di episcopato di Mons. Bello che proprio nelle pagine di Luce e Vita è possibile riassumere. Negli anni
in cui io ho conosciuto il settimanale, e fui invitato a diventarne collaboratore, la sua lettura era un
appuntamento atteso e ricercato perché alimentava e irrobustiva quel desiderio di Chiesa dal respiro
più ampio. Lo slancio verso Luce e Vita e il desiderio di diffonderne i contenuti portò anche ad
avviare una trasmissione domenicale, con lettura radiofonica su Radio Ruvo, perché a tanti potesse
giungere la parola del Vescovo, la voce e le esperienze della Chiesa e del territorio. Chiediamoci se
questo slancio sia ancora presente e proposto in questo tempo. Oggi, al settimanale si affiancano
gli altri media diocesani, sito, portale delle parrocchie, facebook, youtube, webtv… avendo chiara la mission di ciascuno di essi. Se l’informazione veloce, gli appuntamenti e le news più immediate
vengono veicolate su internet, anche con video, al giornale stampato è affidato il compito della riflessione, del soffermarsi, dell’approfondire e acquisire maggiori elementi di analisi che, purtroppo, la comunicazione volatile di internet non consente. Non può appagarci una informazione epidermica, quella minimale delle “5W”, un sms, un messaggio whatsapp, una mail…

Questa può introdurre, annunciare, anticipare la notizia.
Occorre poi rieducarci al ensiero argomentato, autorevole, veicolato con parole soppesate di cui non disperdere il significato semantico. Proprio di questa carenza, purtroppo, abbiamo tanti riscontri, a scuola come in casa o sui social. Anche in contesti ecclesiali, dove prevale l’aspetto emotivo o emozionale, quasi romantico della Parola, poco incarnata, poco orientata a fornire chiavi di lettura
dei fenomeni esistenziali e sociali. Così accade che mentre nelle periferie si producono fatti di portata epocale, sul piano morale e sociale, dentro i nostri recinti non se ne faccia nemmeno cenno o non si abbiano argomenti da addurre.
Luce e Vita non ha pretese che non potrebbe sostenere. Ma offrire qualcuna di quelle chiavi di lettura sì. Non ripropone la cronaca spicciola, quella tanto utile ad alimentare i numerosi blog, ma rilancia temi, esalta esperienze, racconta storie, sollecita il pensiero. Almeno ci prova. Non conosce fake news, opera per un giornalismo di pace, che non vuol dire “buonista”, ma da persone a persone. Per questo è una risorsa da fare sempre più propria, da sostenere fattivamente e orgogliosamente con idee e con risorse. I dati della giornata dello scorso anno, riportati accanto, denotano distrazione e forse sottovalutazione delle risorse umane e materiali messe in campo; basterebbe guardare ai numeri di quest’ultimo anno. Ma siamo fiduciosi che si possa far meglio in futuro!