Papa Francesco ha firmato sabato 3 ottobre alle 15 ad Assisi la sua terza enciclica “Fratelli tutti”, quasi a meglio esplicitare le due precedenti, questa volta sul tema della fratellanza e della prossimità (dimensione a cui ha dato gran peso sin dagli esordi del suo pontificato).
Per un cristiano, la prossimità dovrebbe essere davvero pane quotidiano, la cifra distintiva del relazionarsi. Riconoscere l’altro come prossimo significa rimettere al centro l’essere umano, con i suoi bisogni e sogni, con le sue fragilità e potenzialità, soprattutto con i suoi limiti e le sue risorse.
La pandemia ce lo ha detto chiaramente: siamo interconnessi, ci salviamo insieme. Non che non lo sapessimo o che mai nessuno l’avesse sostenuto, ma l’irruenza del Coronavirus, la sua rapida e simultanea presenza nelle varie aree del pianeta lo hanno ben messo in evidenza.
Rocco D’ambrosio, nell’incontro conclusivo della Scuola di Democrazia della nostra diocesi, lo scorso 25 settembre ha specificato che è necessario passare dalla questione ambientale a una questione culturale. E la cultura non è mai staccata da realtà e quotidianità. La cultura interviene nelle scelte alimentari, nel modo di fare la spesa, spostarsi, viaggiare, lavorare, di stare al mondo ed essere uomini a tutto tondo.
Tutto è in relazione è la sintesi perfetta della Laudato si’ di papa Francesco, che parla di ecologia in ottica umana, sociale. L’uomo sta al centro, non al vertice. Da lui partono relazioni che si allargano ma si tengono insieme, che includono i processi di sviluppo. Se l’uomo è un essere pensante, naturalmente indotto alla socialità, sarà anche inevitabilmente eco-logico, in grado cioè di pensare e pensarsi in relazione indissolubile all’ambiente che abita.
Più volte si è provato ad accendere fari sull’importanza di un nuovo modo di vivere, per ricordare all’uomo che a dominare sulla Terra non è il suo egoistico volere ma il ciclo naturale delle cose, di cui è parte integrante.
La cura per il Creato ci interpella tutti, ci riguarda, ci tocca: in quanto creature, ne siamo parte attiva. L’ambiente non è qualcosa a cui destinare attenzioni nel tempo libero, è ciò che ci permette di esistere. Dovrebbe essere il nostro primo interlocutore, lo specchio in cui ritrovare la parte migliore di noi stessi, il pensiero dominante per ogni nostra azione. Perché l’uomo è inserito in un sistema relazionale, che ne sia consapevole o no.
Il 2019 è stato un anno di forte presa di coscienza mondiale sugli effetti del cambiamento climatico, per l’intraprendenza (più o meno condivisa dall’opinione pubblica) dell’adolescente Greta Thunberg. Così proprio i più giovani si sono direttamente coinvolti nella difesa dello stato di salute del pianeta, del suo – e nostro – presente e futuro.
Luca Mercalli – metereologo, climatologo e divulgatore scientifico – nel libro “Non c’è più tempo” lancia non un appello allarmistico, ma un invito immediato e convinto a cambiare ritmi… di vita, di produzione, di consumo, di circolazione. Non c’è più tempo da perdere; se non possiamo attuare processi reversibili, possiamo almeno ridurre, contenere, limitare. Dobbiamo aver chiaro che ogni abuso del pianeta è violenza a ciascuno di noi. Ogni singolo atto produce effetti sulla collettività.
La vita è relazione. Vivere secondo un approccio ecologico integrale significa scegliere l’unica strada possibile a garantire la dignità umana, a livello personale e globale. Perché l’altro sono io, siamo noi.
Susanna M. de Candia