Elisabetta, avendo scoperto di essere incinta, si nasconde per la vergogna, riscoprendo in se stessa quel medesimo sentimento che invase il cuore di Adamo, quando scoprì di essere nudo. Maria, nel frattempo, ha provocato l’inizio di un’epoca nuova, ha compiuto antiche promesse, realizzando le attese di un popolo e di santi uomini d’Israele, che nella speranza, hanno partecipato attivamente alla storia della salvezza. Con il suo sì, l’Immacolata ha dato all’umanità futura l’opportunità di toccare, vedere, ascoltare, Colui che era nell’alto dei cieli. Con il suo sì, Maria, immediatamente, indica qual è il progetto per tutta l’umanità: Dio è amore. Per questo, senza chiedere il permesso del proprio padre o del futuro sposo e senza attendere la partenza di una carovana, si indirizza per la strada più pericolosa ma più breve, recandosi nel luogo in cui la cugina Elisabetta si era nascosta. Come l’antica arca, l’Immacolata reca in sé non solo la Parola, ma Dio stesso, divenuto uomo, per medicare e sanare le ferite della carne. Ivi giunta, Maria saluta direttamente la cugina e non l’uomo di casa, come era consuetudine, ed Elisabetta ricolma di gioia per il fatto che Dio l’ha ascoltata e cercata, sin nel luogo del suo nascondimento, per riempirla del suo spirito d’amore, profetizza la beatitudine di Maria. Padre David Maria Turoldo così canta:
“Vieni e vai per gli spazi
a noi invalicabili.
Sei lo splendore dei campi,
roveto e chiesa bianca
sulla montagna…
Non manchi più il vino alle nostre mense,
o vigna dentro nubi di profumi.
Vengano a te le fanciulle
ad attingere la bevanda sacra, e le donne concepiscano ancora
e ti offrano i loro figli come tu offristi il tuo frutto a noi.
Amorosa attendi che si avveri
la nostra favolosa vicenda, creazione finalmente libera”.