Una sola famiglia umana

Giuseppe de Candia

L’esperienza profonda, umana e religiosa della nostra Chiesa, guarda con attenzione al fenomeno migratorio, non più episodio d’emergenza ma stimolo e formazione ad una nuova identità umana.

Diversi, tutti lo sanno, sono i fattori che determinano la mobilità: il lavoro, la cultura, lo svago. Le culture diverse, perciò, si incontrano e si confrontano e non sempre si accolgono con gesti concreti.  Servono tempi lunghi all’accoglienza come espressione di appartenenza alla stessa famiglia umana.

Se la mobilità umana è inarrestabile e ha bisogno di regolamentazioni puntuali, l’economia globale deve tener chiaro il fenomeno sempre più crescente.

Il 16 gennaio ricorre la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato e il Papa, uomo sempre più solare nella parola e nell’azione, ci invita all’accoglienza dopo aver pregato che il Signore ci conceda questo suo dono. Una sola famiglia è vista dal nostro Pontefice: l’umanità, famiglia di Dio.

La mobilità ha ormai una serie di aggettivi: interna, internazionale, permanente, stagionale, economica, politica, volontaria, forzata’ Pensando ai tanti nostri emigrati per necessità, mi domando: per inserirsi nell’ambiente di accoglienza, cosa hanno dovuto fare? Hanno rispettato le regole. Hanno seminato lavoro e onestà. Hanno raccolto rispetto.

‘Tutti fanno parte di una sola famiglia, scrive il Papa nel suo messaggio, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto ad usufruire dei beni della terra, la cui destinazione è universale ‘ Qui trovano fondamento la solidarietà e la condivisione’.

Non sempre e non tutti tengono viva nella propria coscienza che Dio è Padre di tutti e vuole tutti salvi. Non nascondiamo il clima di pregiudizi, talvolta di razzismo o di paura diffusa, di sospetto per lo sconosciuto, per lo straniero. Diventa porta blindata ad ogni tipo di accoglienza questo stato mentale. Diventa peso da rimuovere, da isolare. La mobilità non è uno svago. Spesso è un dramma.

Gira il mondo fratello o sorella mia, apri gli occhi dentro alla tua città e vedi quanti emigrati lavorano con smania per dimostrare la propria normalità.

Un augurio con le parole del Papa: ‘che quanti sono forzati a lasciare le loro case o la loro terra siano aiutati a trovare un luogo dove vivere in pace e sicurezza, dove lavorare e assumere i diritti e i doveri esistenti nel Paese che li accoglie, contribuendo al bene comune, senza dimenticare la dimensione religiosa della vita’. L’esperta in umanità, la Chiesa, parla con tutti, al di là di ogni contingenza, vede sempre  l’umanità come una grande famiglia che si costruisce nel nome del Signore accogliendo tutti, specie i poveri.