di Luigi Sparapano
Sono ancora vivi davanti agli occhi gli sguardi innocenti delle migliaia di bambini che con il resto della popolazione permangono chiusi nella prigione a cielo aperto che è Gaza, con gli inimmaginabili disagi e impedimenti nello svolgere una vita almeno al minimo della dignità. Come gli sguardi, nascosti dal chador, delle ragazze che, grazie a progetti europei, tentano di riappropriarsi di una dignità attraverso l’acquisizione di nuove competenze lavorative. O, ancora, delle donne palestinesi di Betlemme, sole perchè lasciate dai mariti, che grazie alla Caritas provano a metter su cooperative per la loro emancipazione. E così tali e tante situazioni che, al di là dei luoghi santi di pietra, rendono sacra quella terra per la vita che nonostante tutto cerca di affermarsi, pur tra equilibri sempre molto precari. Per questo l’iniziativa del presidente Usa, Donald Trump, di riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato di Israele è inconcepibile e pericolosa.
«Ogni soluzione unilaterale non può essere considerata una soluzione. Gerusalemme, infatti, è un tesoro dell’intera umanità. La discussione su Gerusalemme non può essere ridotta semplicemente a disputa territoriale e sovranità politica, precisamente perché Gerusalemme è un unicum, è patrimonio del mondo intero, ha una vocazione universale che parla a miliardi di persone nel mondo, credenti e non». Così ha commentato il Patriarcato Latino di Gerusalemme. Ed anche il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, proprio da Alessano, ha rimarcato come «La situazione è preoccupante. Speriamo che non si inneschi un processo che porti più violenza e tensione. Speriamo – ha aggiunto – che prevalga la saggezza e la prudenza richiamata dal Papa nel suo appello. Certamente questa decisione complica molto le cose». Era stato proprio il Papa, il 6 dicembre, a rivolgere l’appello: «Non posso tacere la mia profonda preoccupazione per la situazione che si è creata negli ultimi giorni e, nello stesso tempo, rivolgere un accorato appello affinché sia impegno di tutti rispettare lo status quo della città, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite».
La cronaca di questi ultimi giorni, dalla terra Santa, dimostra quanto vere fossero le preoccupazioni per quelle decisioni unilaterali assunte. Gerusalemme non è una città strategicamente politica, ma una terra sacra per ebrei, cristiani e musulmani; lo è anche per tantissimi pellegrini che vi giungono e che vedono in essa un simbolo della propria spiritualità. Facciamo nostre le motivazioni del Patriarcato Latino: «Le due parti dovrebbero fare in modo di conservare l’attuale carattere universale della città e di adoperarsi perché essa resti il luogo nel quale ebrei, cristiani e musulmani continuino ad incontrarsi lungo le vie della Città Vecchia, ciascuno con la propria mentalità e tradizioni, legate in modo così unico le une alle altre”.