“Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri. Appassionatevi alla vita perché è dolcissima”: sono parole di don Tonino Bello, con le quali possiamo sintetizzare l’opera di Guglielmo Minervini, indimenticata personalità politica che ha gettato le basi di una nuova primavera per la nostra Puglia. Guglielmo ha vissuto la sua vita così generosamente da lasciare a distanza di oltre quattro anni, a soli cinquantacinque anni, un ricordo indelebile nella memoria di tutti, oltre che numerose tracce di bene.
La sua dipartita ha aperto un vuoto, in chi lo ha conosciuto e non solo, che oserei definire pneumatico. Era l’emblema, l’archetipo, della contrapposizione tra il fisico gracile e minuto e la potenza dello slancio ideale, tra la mitezza della parola e la tenace fermezza dei contenuti.
A questo va aggiunto il suo stile inconfondibile: il suo presentarsi al mondo in maniera sobria nel vestirsi, garbata nei modi e sincera nell’esporre le idee; caratteristiche di chi non aveva da consegnare certezze, ma che condivideva interrogativi. È stato il rappresentante di quella “politica generativa” capace di sfidare l’esistente, fatta di curiosità e discernimento, lungimiranza e partecipazione attiva. La politica, disse, o “serve a sfidare il futuro o si piega a gestire il presente. O mette in gioco energie nuove o si limita a regolare interessi esistenti”. Proprio negli ultimi anni, quando la malattia ha bussato alla porta della sua vita senza più abbandonarla, sembrava sempre più un faro per una terra che aveva fame di cambiamento.
Contrariamente all’opportunismo elettoralistico molto comune nei nostri tempi, questa forza ideale, assieme alla sua coerenza, lo portarono ad allontanarsi, temporaneamente a suo dire, dal PD per costruire nel 2015 con Niki Vendola il progetto di “Noi a sinistra, per la Puglia”. Anche se i tratti del suo carattere erano miti, le sue scelte lo potevano portare perfino in collisione anche con i suoi amici storici.
Uno stile e dei valori che trovano le radici ben salde alla scuola dello stesso don Tonino Bello, di cui fu collaboratore e amico fedele: con lui lavorò per la fondazione della “Casa per la pace”, punto di riferimento per tutti coloro che vivevano situazioni di disagio. Fu collaboratore attivo del settimanale Luce e Vita. A questo possiamo aggiungere il contributo che diede a Pax Christi, in un’ottica di cristianesimo sociale e progressista figlia del Concilio Vaticano II, capace di svolgere il suo ruolo, dirà riecheggiando le parole di Don Tonino, “non per potere, ma per spingere la Chiesa a diventare compagna di uomini e donne, indossando il grembiule”.
Di lui potremmo raccontare i molti semi di bene sparsi per la nostra terra, prima con il suo doppio mandato di sindaco di Molfetta, e ancora con la fondazione della casa editrice “La Meridiana” orientata alla promozione culturale, particolarmente sui temi pedagogici, dell’educazione alla pace, della non violenza attiva e dell’impegno civile. Ma pensando allo zenit della sua opera citerei il progetto di “Bollenti spiriti” in qualità di assessore regionale alle Politiche giovanili della Regione.
Un progetto per i giovani che permetteva finanziamenti senza troppe lungaggini burocratiche e senza garanzie bancarie, considerato da molti la migliore operazione amministrativa della Regione Puglia degli ultimi vent’anni. Bisognava presentarsi solo con idee di valore e buona volontà. Sicuramente un’iniezione di autostima per chi voleva restare al Sud. Con “Bollenti spiriti” sono nate start up che tutt’oggi sono società per azioni, botteghe di artigianato o, ancora, aziende capaci di fare cultura, laboratori per bambini, associazioni che creano biblioteche in carcere e aziende editoriali, e tanto altro.
Guglielmo, con la sua testimonianza, la sua umanità e la sua opera è stato uno di quei rari profeti che hanno tracciato i sentieri del nostro futuro.
di Giovanni Capurso