Attualità

Le persone omosessuali nell’abitabilità ecclesiale

Editoriale del n.36 dell'8 novembre 2020

lev 36 2020

lev 36 2020“Le persone omosessuali hanno il diritto di essere in una famiglia. Sono figli di Dio. Nessuno dovrebbe essere estromesso o reso infelice per questo. Ciò che dobbiamo creare è una legge di convivenza civile. In questo modo sono coperti legalmente. Mi sono battuto per questo”. Lo ha detto Papa Francesco nel docufilm Francesco di Evgeny Afineevsky, che è stato presentato lo scorso 21 ottobre in anteprima mondiale alla Festa del cinema di Roma. Questa affermazione, che per quanti seguono con attenzione il magistero del Papa non ha suscitato clamore o perplessità, è stata un’ennesima occasione per scatenare la stampa laica su commenti e prospettive avventati. Tali considerazioni parziali e strumentali hanno generato confusione anche nella Chiesa, sia nel pensiero di qualche porporato il quale ha chiesto indirettamente al Papa di essere “più attento” quando affronta questi temi, sia nel pensiero di laici che, a crudo di teologia e di pastorale, sono rimasti stupiti o hanno mostrato disapprovazione per quanto detto dal Papa.
In poche parole ecco il chiarimento: Francesco ha parlato della necessità che le persone omosessuali vivano in una realtà familiare e non vengano in alcun modo escluse o discriminate. Il riferimento è rivolto in modo particolare ai tanti figli omosessuali che vivono nella propria famiglia. Sovente, essi percepiscono un senso di non appartenenza. E questo per due ragioni: l’ottusità dei genitori i quali, vittima di preconcetti di una certa cultura omofoba, sembrano non essere capaci di guardare i loro figli come persone, sangue del loro sangue, e di amarli con tutto l’amore possibile. E poi perché la stessa comunità civile non sempre offre loro garanzie di accoglienza sociale, ‘convivialità delle differenze’ e, non ultimo, copertura giuridica circa una loro futura unione. Il pensiero del Papa è chiaro ed inequivocabile e si pone in continuità con quanto lui ha altre volte detto ed è in linea con il magistero della Chiesa. Infatti, nell’Amoris Laetitia al n.250 egli dice: “Desideriamo innanzi tutto ribadire che ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Dunque, rispetto, accoglienza, non discriminazione. E poi, al n. 251 afferma contro ogni possibile confusione che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”.
Chiarita la questione, propongo una riflessione.
Non è la prima volta, lo sappiamo, che con le sue parole Papa Francesco ‘pro-voca’. Esperto di comunicazione, ancora una volta ha raggiunto l’obiettivo, quello di smuovere le coscienze, facilitare ragionamenti, proporre argomentazioni, ‘chiamare’ tutti, credenti e non, ad affrontare un tema, quello in questione, finora trattato sporadicamente, dove all’urlato diritto di un riconoscimento legale delle persone omosessuali, non sempre gli Stati rispondono. E la Chiesa, d’altro canto, si muove tra una riflessione teologica un po’ lenta su questo tema ed una prassi pastorale che al contrario diventa urgente.
A riguardo va detto per onore di verità che nell’ambito ecclesiale, in questi ultimi tempi si stanno facendo passi in avanti sia per la riflessione teologica sia per l’azione pastorale. La prima, prova ad andare oltre la semplice condanna degli atti omosessuali come “intrinsecamente disordinati” ed elabora un’attenta analisi dell’amore tra persone omosessuali. Amore e persona sono le due parole che, a mio avviso, devono farsi strada perché la teologia che è ‘parola su Dio’ non dimentichi di essere anche ‘parola sull’uomo’. La seconda, l’azione pastorale, è chiamata a condannare inequivocabilmente le parole, i gesti, i comportamenti omofobi all’interno della chiesa perché tutto questo non è umano né tanto meno cristiano. In secondo luogo, deve impegnarsi ad elaborare cammini catechetici e spirituali, biblici ed etici per le persone omosessuali. Da più parti ci viene rivolto questo invito. Sono nate in America, sono da un bel po’ presenti in Europa e in Italia le Comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, ndr). Sono persone con differenti orientamenti sessuali, persone anche cristiane che vogliono vivere la vita cristiana.
A noi pastori e alle comunità tutte il dovere morale dell’accompagnamento. Tale azione pastorale può farsi mediante la categoria del ‘discernimento’. È la categoria evangelica, ripresa da Sant’Ignazio di Loyola e portata alla ribalta da Papa Francesco. La comunità, in sostanza, ha il compito di aiutare ogni credente, senza alcuna distinzione, a riconoscere la volontà di Dio nella sua vita e a comprendere l’azione dello Spirito Santo che suscita bellezza e novità in ogni essere umano. Questo deve essere il nostro ministero. Per questo infatti siamo Chiesa e su questo verterà per buona parte il giudizio di Dio.

di Vincenzo Di Palo