Luce e Vita

Querida Molfetta. Videorassegna del settimanale

Editoriale n.8 del 23 febbraio 2020

Prendo spunto della recente esortazione post-sinodale per parlare di come vanno le cose da noi, rispetto a quelli che, nel mio immaginario di incompetente, sembrano “temi amazzonici”. Forse è l’ennesimo cedimento provinciale alla tentazione di pensare che il mondo finisca al perimetro segnato dall’ombra dei nostri campanili; me ne scuso.

Siamo stati obbligati almeno ad immaginarla, l’Amazzonia; e mi è sembrato di scorgere, contemporaneamente, una lontananza siderale ed una sorprendente vicinanza.
Ci immaginiamo un’Amazzonia fragile dal punto di vista antropologico, dove le culture indigene vanno scomparendo. E non posso non pensare alle trasformazioni che ho visto, al mondo che ho vissuto e che non c’è più. Due cose voglio appena evocare: il modo diverso di concepire e vivere la famiglia; i legami di vicinato.
Ci immaginiamo un’Amazzonia fragile e depredata dal punto di vista ambientale; e penso al mio querido (amato, ndr) territorio. Mentre tutti gli studi concordano nel prevedere a medio termine un crollo demografico, da noi persiste una ingente attività edificatoria, che determina consumo sconsiderato di suolo e insufficiente attenzione agli spazi e servizi urbani. Penso alla città e al circondario, agricolo e marino, trattati troppo spesso senza rispetto; penso all’inquinamento e al dissesto idrogeologico, con costi umani, ambientali ed anche finanziari. E, infine, penso a situazioni ben note, in cui l’offerta di posti di lavoro è stata pagata a caro prezzo con la salute di lavoratori e persone che hanno avuto la sfortuna di abitare nel posto sbagliato.
Qualcosa mi dice che il primo annuncio alle genti dell’Amazzonia abbia qualcosa in comune con il secondo annuncio alle nostre giovani generazioni. Ci sarebbe la questione dell’inculturazione, che da noi si chiamerebbe dei linguaggi; oppure la questione della spiritualità dei giovani, in molti casi ignara del cristianesimo, oppure ad esso estranea.
In ambito ecclesiale vi era attesa spasmodica sul tema dei ministeri. E qui, evidentemente, la distanza è siderale. A un passo da casa ho un istituto religioso; nella stessa direzione nord, a otto passi, la parrocchia X; a dieci passi in direzione est la parrocchia Y; a dieci passi in direzione ovest la parrocchia Z. Se non mi inganno, la domenica mattina ho nove messe nelle immediate vicinanze; potrei scegliere per orario, simpatia del prete, facilità di parcheggio… Può darsi che in breve tempo (10 anni?) lo scenario sia completamente diverso, ma oggi è così; altro che lunghe privazioni della celebrazione eucaristica, come avviene in tante comunità del bacino amazzonico.
Non mancano le messe, quanto chi riempia le aule liturgiche, costruite per ben altra domanda. Sembra che ci siamo arresi a vedere in chiesa prevalentemente capelli grigi come i miei: in fondo sono fedelmente presenti; nei limiti del possibile tengono su le parrocchie, insieme ai pochi giovani. Lo slancio missionario verso le generazioni under 50, nei fatti, non sembra una priorità (come per l’Amazzonia?).
Nel vivace dibattito sulla disciplina dei ministeri è stata richiamata una frase famosa del CCC: l’Eucaristia è fonte e culmine di tutta la vita cristiana. L’esame di coscienza su questa frase è il vero dono che ho ricevuto dal Sinodo sull’Amazzonia. Non avendo sufficienti competenze, mi tiro fuori dalla discussione, ricca di implicazioni, sui ministeri; tendenzialmente sarei prudente nelle riforme, pur riconoscendo che il mio è un parere da sazio. E, proprio per questa condizione di privilegio, l’esame di coscienza su cosa significhi una vita conformata all’Eucaristia rimane.Infine, perfettamente complementare è un’altra considerazione: “ci sono comunità che si sono sostenute e hanno trasmesso la fede per lungo tempo senza che alcun sacerdote passasse da quelle parti, anche per decenni.” Dalle nostre parti c’è il rischio di ridurre la vita di fede a pratiche e tradizioni, che non stanno neanche al primo posto. L’Amazzonia, tanto lontana, ci sfida a fare un passo in avanti, anzi in profondità.

Lorenzo Pisani
Luce e Vita n.8/2020