Non da analisti, né da raffinati giornalisti prendiamo la parola sulla crisi di Governo che getta per l’ennesima volta l’Italia in un baratro di confusione e di incertezze. Ma da cittadini, semplici cittadini pensanti che non danno sfogo sui social a quanto viene in mente, pro o contro Salvini, pro o contro Conte, quale che sia l’evoluzione che il saggio presidente Mattarella riterrà dare per il bene del Paese e nel rispetto della Costituzione. Nessuna partigianeria. Cittadini e credenti che sono quindi doppiamente provocati dalle vicende politiche di questi giorni.
Viene subito da dire che a seguire l’intera diretta parlamentare di mercoledì 20 agosto 2019 lo sconcerto rispetto ad una concezione così bassa della politica è sempre più grande.
Onore al presidente Conte. La sua lezione schietta, diretta ad indicare il responsabile della crisi, per quanto forte, pacata ed elegante, e orientata poi al futuro, non ha però appassionato fino in fondo; anzi ha lasciato l’amaro in bocca: in tanti si sono chiesti (e anche noi lo facciamo) perché non abbia da subito assunto fino in fondo la sua responsabilità di guida del governo? Perché una persona della sua levatura si sia lasciata manovrare apponendo firme a provvedimenti non condivisi? Perché, nel nome della trasparenza sempre invocata, non abbia da subito espresso le dinamiche insostenibili del suo Consiglio, trascinando situazioni – intuibili – che adesso vengono consegnate al Paese? Si dirà che la politica è l’arte della negoziazione ed è vero. Ma in una circostanza come quella italica, in cui ci sono voluti mesi per arrivare ad una strana maggioranza di governo, non doveva essere ancora più stringente tenere le redini e non lasciarsi imbrigliare da esse? Peccato che la figura di Conte ne esca ferita, vincitore e vinto. Almeno sino ad ora.
L’altra figura, quella dell’ex ministro Salvini, è ancor più sconcertante. Non è il caso di ripetere qui gli aggettivi a lui indirizzati da Conte, tutti condivisibili, ma prevale netta la completa mancanza di senso delle istituzioni. Non di quelle talvolta ingessate e lontane dalla gente, ma di quelle che danno garanzia di serietà, di consapevolezza, di sicurezza, di parole pronunciate perché soppesate e verificate istituzionalmente, non urlate nelle piazze, nei bar o sui narcisistici social. Se le parole di Conte potevano essere state dette da Saviano o altri – come Salvini ha detto -, anche la sua replica e tutti i suoi pronunciamenti verbali e social potrebbero essere stati detti dal barista o dal barbiere di turno. Altro che Ministro dell’Interno. Ecco perché poi piacciono molto alla piazza e ai social. Infatti mentre l’aula parlava anche a lui e di lui, Salvini correva a fare la sua diretta facebook per consolarsi e aizzare le migliaia di “amici” con relativi like e commenti.
Già, siamo sconcertati! Lo siamo anche per la strumentalizzazione della nostra fede. In aula si è parlato di incoscienza religiosa e di laicità della politica. «Non ho mai fatto mistero di essere l’ultimo dei buoni cristiani, divorziato e con due figli da due compagne diverse, figurarsi se mi azzardo a fare la morale agli altri». Parole note di Salvini, che aggiungeva: «A messa vado purtroppo in occasione dei funerali, ma anche fortunatamente per matrimoni e battesimi». Lungi dal giudicare la sua fede, ne facciamo occasione per verificare la nostra. Sconcertati, ma davanti allo specchio. In realtà Salvini rispecchia la media dei cattolici di oggi e per questo piace a molti: quelli che sono devoti, ma invocano l’annegamento dei migranti; quelli che si tatuano santi e madonne, ma non frequentano chiese; quelli che sono confratelli, ma per apparire in un certo periodo dell’anno; quelli che sono associati nelle molteplici aggregazioni, ma non si accostano ai sacramenti, né frequentano la messa (e non solo in estate); quelli che invocano l’accoglienza, ma lo fanno dietro lo schermo del proprio smartphone, sotto l’ombrellone, con infradito e birra ghiacciata accanto, delegando la gestione concreta alle ONG o alle Prefetture o alla Caritas, senza coinvolgersi nelle strutture ecclesiali del proprio territorio che languono per la carenza di volontari.
Queste situazioni devono scuotere forte in ciascun credente la coscienza di esserlo autenticamente. Allora in crisi siamo un po’ tutti e tutti abbiamo necessità di verificare la nostra condotta perché se migliora quella personale e sociale, migliora anche quella politica che ne è lo specchio. E viceversa.
di Luigi Sparapano