La creativa e vivace opera di Dio, lungo la strada della mia esperienza presbiterale, mi ha regalato la possibilità di percepire, per quasi un decennio, l’ansia pastorale a vantaggio dei giovani, che vibrava silenziosamente senza disturbare alcuno, nel cuore del compianto vescovo don Gino Martella. Senza spreco di parole, così come nel suo verbale relazionarsi, ciò che faceva la differenza in lui e per lui era l’intensità di un sorriso e la profondità di uno sguardo che rendevano discreta ed efficace la sua presenza e premura di padre nel percorrere insieme, spesso anche come fratello, la strada entusiasmante e affascinante della vita.
Con i giovani ha testimoniato la bellezza dello stare a cuore a Dio. Il suo forte desiderio di elaborare un progetto pastorale con l’equipe del Servizio Diocesano per la Pastorale Giovanile «Con Cristo sui sentieri della speranza» maturava nella convinzione di un amore che, precedendoci, ci sostiene e ci attende. Desideroso di far ri-scoprire nei cuori dei giovani quel tenero e folle amore di un Padre che crea e mantiene in vita; l’illogico amore di un Figlio, che nella sua croce perdona le fragilità e trasfigura le disperazioni; il sovversivo amore di uno Spirito, quale energia di comunione che unisce e dona l’audacia di creare legami autentici e credibili con ogni uomo.
Don Gino ha preferito spesso parlare ai giovani con la sua vita discreta e nascosta additandoci l’entusiasta sequela di un Mae-stro che, lungi da preferire cattedre di insegnamento, è disceso nella storia per divenire amabilmente compagno di viaggio di tutti e di ciascuno, «invisibile ma immancabile» – spesso mi diceva –, attraverso una parola che sapientemente illumina l’amore, consola il dolore, per sfociare nella speranza che sola può riscaldare il cuore raggelato dai ritmi frenetici dell’esistenza.
La bellezza di un amore sempre giovane e vitalizzante era, per don Gino, testimoniabile sul percorso polveroso e spesso desertificato dalla svalorizzazione della strada della vita, a causa dei facili entusiasmi giovanili. Si è prodigato nel sacro rispetto dell’altro, nel farsi compagno di viaggio attraverso il reciproco raccontarsi del buio e della luce che, oscillando nel cuore dei giovani, incutono spesso timori, ma provocano anche slanci di passioni da accendere per l’innato desiderio di felicità.
La sua azione pastorale è stata tesa verso i giovani, sollecitandoli a non aver paura di inabissarsi nell’amore totalizzante, non temendo l’esigente radicalità dello stesso amore. Non ha mai voluto avere una visione miope dell’attuale mondo giovanile, spesso classificato sociologicamente come un “esercito di smidollati, di bamboccioni o come una schiera di poveri ragazzi perduti e magari annegati nei vizi”. Ha creduto e ha sperato che nel cuore di ogni giovane donna o di ogni giovane uomo, giace una profonda richiesta di felicità e quindi di pienezza. Ad essa ha proposto di rispondere offrendo semplicemente, alla maniera di Cristo Buon Pastore e Fratello, una relazione, uno stare assieme, una progettualità di comunione. Ci ha educati al recupero di una dimensione interiore che è gestata dall’esperienza che ogni giorno si è chiamati a riscoprire in Dio; a ritrovarla se la si perde per le delusioni, a portarla a pienezza se si torna sconfitti alla propria dimora interiore. Non ha mai smesso di provocarci a vivere fino in fondo le relazioni guardando la propria storia con occhi limpidi e stupiti, con gli stessi occhi del Maestro. Non esitava a raccomandare quella concretezza della vita, il cui amore pur essendo il fondamento ultimo, diveniva il segreto del mondo, avente il volto di Dio, padre, fratello e amico di ogni vivente, viandante invisibile e premuroso accanto ad ogni giovane.
Non posso dimenticare come nei suoi occhi, sovente, ha consegnato con una comunicazione non verbale e con la grammatica dello sguardo paterno e amico, quella parresia e sobrietà della speranza del Regno attraverso la vita bella del vangelo.
Per questo non ha esitato a spronarci additando che dove è mancante l’amore non può esistere alcuna forma di annuncio della Buona Notizia, perché la reciprocità amante, facilmente vivibile nelle fresche relazioni giovanili, è l’essenza stessa di Dio. E come lo sguardo amante di Gesù sul giovane ricco è fondato nello sguardo d’amore che il Padre e il Figlio si scambiano instancabilmente sin dal principio e prima di ogni principio, così don Gino ci ha benevolmente amati e accompagnati nel discernere il primato di Dio, ogni giorno sulla strada tracciata da Cristo, speranza giovane per i giovani.
© Luce e Vita
n.25 del 24 giugno 2018