È partito anche in diocesi il percorso in preparazione alla prossima Settimana sociale dei cattolici, a Taranto dal 21 al 24 ottobre, mercoledì 9 giugno, con l’appuntamento Il pianeta che speriamo. In cammino verso la Settimana sociale di Taranto, proposto dalla Pastorale Sociale e del Lavoro, sulla spinta del direttore Cosimo Altomare.
Un evento di riflessione e confronto che si colloca in un momento molto critico per Molfetta, a causa della bufera giudiziaria che ha infangato nuovamente la città. Al di là delle responsabilità penali che saranno accertate dalla magistratura nelle sedi appropriate, per Cosimo Altomare sembra emergere un quadro desolante di malaffare e malcostume politico di fronte al quale non si può rimanere silenti. C’è estremo bisogno di buona politica e questa ulteriore vicenda giudiziaria ne evidenzia ancor più l’urgenza. Mons. Cornacchia, sottolineato il turbamento che attraversa la città per quanto sta accadendo in questi giorni, ha detto di seguire da vicino l’evolversi degli eventi. Occorre proseguire insieme nell’impegno per formare coscienze trasparenti per una società più giusta e un lavoro più equo.
Il percorso preparatorio della Settimana sociale va in questa direzione.
Cosimo Altomare ha sottolineato l’intenzione di potenziare la sinergia con la Pastorale Giovanile, con il Progetto Policoro, di utilizzare i social media per diffondere culture e approcci, con il proposito di creare incontri con le realtà produttive e amministrative e vivere i prossimi appuntamenti (8 luglio e 7 ottobre) come un’agorà, favorendo la partecipazione.
Ospite principale, mons. Filippo Santoro – arcivescovo di Taranto e Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane sociali – che ha offerto alcuni spunti, a partire dall’approccio contemplativo di San Francesco, che mette al centro la lode al creatore, quale espressione spirituale della cura concreta di ciò che esiste, del dono del creato posto a nostra disposizione. Si rende necessario il passaggio da una visione predatoria della natura – traduzione di un atteggiamento estrattivo che non solo prende dall’ambiente, ma finisce per togliere l’anima del popolo – a una spirituale, contemplativa. Di qui l’importanza dell’ecologia integrale, che congiunge ambiente e società. Non si tratta di due crisi separate, ma di un’unica crisi antropologica.
Va recuperato uno sguardo integrale alla realtà, perché «al fondo della questione ecologica c’è una questione spirituale.»
La cura della casa comune comporta una conversione epistemica e questo richiede una maggiore attenzione al vivere. È il momento, adesso, di un passaggio dall’io al noi, secondo le indicazioni del Papa nella Fratelli tutti. Come il buon samaritano, c’è bisogno di vedere e aver cura, perché «quando mi prendo cura dell’altro avviene di più della mia umanità, la vita diventa vera quando si apre al bisogno dell’altro.»
Dall’Instrumentum Laboris per la Settimana di Taranto, emerge l’urgenza non solo di denunciare i problemi, ma trovare modalità di intervento. La conversione ecologica è possibile solo con un cambiamento di stile che porti anche ad un nuovo modello di sviluppo. Per questo sono preziose le buone pratiche che si stanno già individuando nelle diverse diocesi.
A tal proposito, sono intervenuti i referenti di alcune associazioni laiche attive sul territorio per la tutela e decoro dell’ambiente: Agata Guastamacchia dell’associazione PuliAmo Terlizzi che da un decennio comprende studenti, giovani, mamme e cittadini sensibili ed è anche parte della rete Clean up (tra gli ultimi interventi, la protesta contro il progetto di una centrale a biomasse nei pressi della via Traiana fra Terlizzi e Ruvo); Fabio Cantatore è membro del direttivo di 2Hands (sede di Molfetta), associazione nata nel 2019 da giovani tra 20 e 25 anni, che conta adesso 8 sedi in Puglia e non solo, attenta soprattutto al decoro della zona costiera, ma interessata a contrastare il degrado anche nell’agro, collaborando anche con altre realtà, tra cui la stessa PuliAmo Terlizzi.
Nella serata sono poi intervenuti alcuni giovani, impegnati a livello ecclesiale: Armando Fichera (vice presidente diocesano di Ac, Settore Giovani) e Gaia de Candia (capo scout Gruppo 1 – Giovinazzo) hanno proiettato gli ascoltatori al FUTURO, coniando un acronimo con alcune parole-chiave tratte dall’Instrumentum Laboris: Finanza sostenibile, Urgenza, Transizione ecologica, Un seme (per passare dal lock down al look down ovvero guardare a qualcosa di piccolo che si nutre del nostro amore), Risorse, Opportunità.
Il cambiamento parte dalle piccole cose, dalle abitudini, dagli approcci. Lo sa bene mons. Santoro che è stato molti anni in Brasile, in realtà povere, dove è complicato parlare di dignità in ogni dimensione della vita, soprattutto per il lavoro. E a tal proposito, Silvia Bonsi, Presidente delle Acli di Ruvo, ha riportato il quadro ancora precario di molti lavoratori, ulteriormente messi alle strette dalla pandemia, che ha colpito soprattutto giovani e donne.
La fede allora diventa uno strumento di relazione. «Parlare di Gesù significa farti ferire dalla realtà» ha concluso l’arcivescovo di Taranto, ribadendo l’importanza di sostenere la priorità della vita e voler bene alle persone che si incontrano.