Geyser, acqua e aria bollente che fuoriescono all’improvviso dalla terra. Dell’Aria, il cognome della professoressa più famosa d’Italia negli ultimi sette giorni. Altro che Etna. La docente di Italiano e Storia di un istituto tecnico industriale di Palermo, è stata accusata di non aver «vigilato» sul contenuto di un video, realizzato dai propri alunni, all’interno del quale si accostava la promulgazione delle leggi razziali del 1938 all’attuale decreto sicurezza.
L’agorà – che a differenza delle civiltà antiche oggi ammette anche le donne – non poteva che essere il mondo virtuale dei social network: accusa, difesa e sentenza a colpi di ‘post’ e ‘cinguettate’ firmati da utenti abili nell’hate speech o di qualunquismi basati sulla mancata verifica della veridicità dei fatti. Sarà un caso che la questione palermitana del video realizzato dai ragazzi in maniera libera e spontanea nella giornata della Memoria del 27 gennaio scorso, sia stata esasperata mediaticamente proprio nei giorni in cui il Viminale sta approvando il decreto sicurezza-bis? Così è… se vi pare, e da Pirandello dovremmo fare un salto nel tempo ancora più indietro e tornare ad Ulpiano che attribuisce «a ciascuno il suo».
Dal punto di vista della politica nazionale, infatti, sembrava essere questo il peggiore dei problemi da risolvere: la manifestazione del pensiero critico da parte degli studenti punendo “pedagogicamente” uno per intimorire anche gli altri. Sicuramente non sono comparabili il decreto sicurezza e le leggi razziali, per una serie di motivi storici, sociali e politici che non finiremmo di elencare: la discussione critica non deve essere basata sui contenuti del video, ma sul ruolo che una docente deve avere con i suoi ragazzi. E lo sforzo, immane per i nostri tempi, dovrebbe essere quello di parlarne senza giudicare.
Da dove partire, allora? Dagli articoli 21 e 33 della Costituzione Italiana che tutelano l’espressione delle opinioni e la libertà d’insegnamento delle arti e della scienza. Se reprimiamo anche questo, nascondendoci dietro slogan del tipo “fuori la politica dalla scuola” non potremmo più spiegare ai nostri alunni quale legame intercorra fra ciò che si studia in classe rispetto alla vita che c’è fuori. Una cosa è certa: sarà anche errato l’accostamento, ma bisogna dare atto alla docente di aver saputo sviluppare nei ragazzi le famose competenze di cittadinanza e costituzione, “new entry” (ma non troppo) nel ventaglio dei temi che il MIUR sottoporrà ai ragazzi in occasione degli imminenti esami di maturità.
Maturità esemplare e magistrale come la Historia ciceroniana che è maestra di vita, quella dimostrata dagli alunni, e anche dai colleghi della docente e dai sindacati di categoria, scesi in piazza a Palermo per solidarizzare con la docente, punita con la sospensione dal servizio per due settimane, con conseguente decurtazione dello stipendio. Del resto, era stato proprio il Ministro dell’Interno a chiedere che ci fosse più educazione civica nelle scuole: e allora perché gridare allo scandalo quando gli alunni dimostrano di aver acquisito una coscienza storica e politica? E che significato dovremmo dare al «vigilare» omesso dalla docente? Ma che ruolo allora bisogna dare alla scuola attuale? E alle famiglie? A questi interrogativi eterni come si può tentare di rispondere? A scuola, in questo caso, andando in fondo alle questioni, analizzandole scientificamente e approfondendole il più possibile. E soprattutto dando un sobrio e costante esempio dentro come fuori la scuola, nel mondo reale come quello virtuale, in un periodo dove il confine fra quest’ultimi due non è purtroppo così marcato.
Luce e Vita. 21 del 26 maggio 2019