Era inevitabile. L’avvento della pandemia da SARS-CoV-2 ha avuto un impatto importante su tutte le manifestazioni pubbliche con numerosa partecipazione di popolo. Le feste patronali, che spesso si svolgono proprio nei mesi centrali dell’anno, hanno risentito molto delle restrizioni normative imposte dall’emergenza sanitaria. Ma siamo sicuri che in questa fatica e privazione non risieda una bellezza da scoprire, da custodire? La situazione attuale ha portato, anche nella Diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo, Terlizzi, a rimodulare i programmi dei festeggiamenti. Rimodulare, ma non cancellare. Forse a farne le spese più dolorose in termini lavorativi ed economici sono state tutte le attività collaterali alle feste, quali quelle dei giostrai e degli ambulanti, ma anche delle imprese fornitrici di luminarie e di fuochi d’artificio che hanno visto ridurre notevolmente le loro commissioni. Mons. Domenico Cornacchia a fine luglio, in conferenza stampa a Molfetta, aveva rivolto un pensiero paterno proprio a loro, non trascurando le sofferenze delle famiglie che vivono di queste attività. I cittadini, i fedeli, di certo, non hanno subìto conseguenze così pesanti e tangibili dalla rimodulazione dei programmi, benché in questi mesi potranno essere anche loro alle prese con fatiche personali. Sicuramente sono stati privati di parte del folklore, dello spirito brioso e talvolta anche troppo urlato di quei giorni di festa, ma almeno non hanno perso “la parte migliore”. A loro è stato garantito un dono che non ha prezzo e che è forse possibile gustare con ancora più intensità: la festa liturgica. Il cuore vero da cui parte tutta la programmazione dei festeggiamenti è rimasto intatto, seppure con delle modifiche volte a tutelare la salute dei cittadini. È in questa Storia, in queste circostanze specifiche, che ciascuno viene chiamato a scoprire intimamente il senso profondo della festa, la gratitudine per ogni occasione che ci è dato vivere. Solo quattro mesi fa non era consentito partecipare neppure a una singola celebrazione eucaristica. Oggi, la sola possibilità di avere un calendario di celebrazioni, eventi e incontri legati a una festa patronale dovrebbe essere considerata un privilegio, soprattutto dopo quanto vissuto con il lockdown. Nel redigere i calendari, quest’anno c’è stato uno sforzo più intenso e ingegnoso degli altri da parte dei comitati per le feste patronali. Di questo va dato atto, perché la responsabilità nei confronti della popolazione questa volta è davvero notevole. La prossima festa importante in Diocesi sarà quella dell’8 settembre nella città di Molfetta, dedicata alla compatrona Maria SS. dei Martiri. In vista di questa ricorrenza, abbiamo raccolto da padre Nicola Violante, rettore e parroco della Basilica Madonna dei Martiri, alcune parole che possano ulteriormente sostenere la riflessione in questo tempo particolare. “Ogni festa è un dono di Dio per l’uomo. La festa è un’epifania dell’amore desiderato e vissuto, perché aiuta a riscoprire il senso del vivere, la dimensione comunitaria della vita, la celebrazione della memoria storica e dell’identità di un popolo. Come ci ricorda il Direttorio su Pietà popolare e liturgia al n. 20, è soprattutto la festa, con i giorni di preparazione, a far risaltare le manifestazioni religiose che hanno contribuito a forgiare la tradizione peculiare di una data comunità”. La tradizione, in questo tempo storico, viene a confrontarsi con una pandemia che sta stravolgendo la vita quotidiana di molti, con tante ripercussioni sulla vita delle feste patronali. Esse, pur essendo state snaturate momentaneamente di alcuni aspetti folkloristici, non perdono però quella vitalità religiosa che appartiene a un popolo che da secoli venera la santità dei propri patroni. Quest’anno vivremo delle feste che ci faranno riscoprire la forza spirituale della religiosità con la consapevolezza che senza la dimensione della festa, la speranza non troverebbe una casa dove abitare (Ecclesia in Europa, n.82, Giovanni Paolo II).
di Roberta Carlucci